Rivedere Diabolik dei fratelli Manetti, al Piccolo Cineclub di Follonica, fa un effetto persino migliore della prima visione, ché ti puoi concentrare sui pregi tecnici di una pellicola, una volta che conosci bene la trama. Rivedi tutte le vecchie dissolvenze a tendina e a scorrimento, gli split screen, il montaggio fumettistico, la recitazione impostata come se fosse una storia su carta, l’aderenza totale al personaggio delle sorelle Giussani. E quando il film finisce ti dispiace persino, ma tanto lo sai che i registi stanno lavorando a Diabolik 2 e a Diabolik 3, anche se non ci sarà più Marinelli, avremo occasione … Parlano i Manetti, peccato che l’intervistatore non sappia che il primo Diabolik della storia era di Mario Bava – che non amava il fumetto e fece una cosa pop, molto psichedelica – ma i registi non se la prendono, non dicono neppure che in alcune parti citano il Maestro, che da bravi cinefili conoscono bene. Facciamo un breve riassunto delle cose dette …
Erano molti anni che volevamo fare Diabolik, un fumetto storico che amiamo, un personaggio che va in edicola dal 1962 e che leggevamo da ragazzini. Per noi Diabolik è un canone estetico, è la nostra passione. Ci sono stati molti progetti produttivi su Diabolik, sia da parte dei francesi che di Sky, si parlava di fare una serie, ma nessuno riusciva a concretizzare l’idea. Dopo aver vinto il David di Donatello con Amore e malavita abbiamo deciso che era il momento di contattare Mario Gomboli, erede delle Giussani, editore di Diabolik presso la vecchia Astorina, presentando un soggetto molto fedele al personaggio. Il film di Bava del 1968 era un’opera che non accontentò le creatrici storiche, perché era una sorta di 007 italiano, che tradiva il fumetto. Possiamo dire che il nostro è il primo vero film su Diabolik, visto che rappresenta il modo di vedere della casa editrice e del continuatore ideale della storia, Mario Gomboli. Diabolik andava trattato con cura e con rispetto, perché fa parte della storia del costume italiano, quindi abbiamo cercato di non sbagliare niente, sin dalla scelta degli attori. Non ci interessavano le somiglianze fisiche, ma il talento e la personalità di ogni singolo interprete. Miriam Leone è la scoperta del film, pur diversa da Eva Kant al naturale, diventa il personaggio con il trucco e la recitazione. Le location del film sono: Bologna, Triste, Milano, Courmayeur, per rappresentare lo stato immaginario di Clerville, che nella testa delle Giussani era un po’ Parigi e un po’ Milano, dove aveva sede la casa editrice. Nel numero tre del fumetto, che abbiamo preso come base della nostra storia, in realtà Clerville sarebbe Marsiglia, ma poi tutto si è sviluppato in una Milano di fantasia che i disegnatori degli albi vedevano dalle finestre della redazione. Clerville è Italia del Nord, Svizzera italiana, Como, Milano … e noi siamo partiti da Milano per renderla vera al cinema, inventando un mix di Italia settentrionale, Inghilterra, Germania, Francia. Alcune scene sono state girate a Bologna, sia nel centro cittadino che nei colli (la villa di Diabolik e il suo covo), mentre Trieste è Ghenf, la località di mare dello stato di Clerville. Tutti i costumi sono stile anni Sessanta ma non secondo il look nordamericano, alla Grease o alla Happy Days, abbiamo cercato di riprodurre uno stile europeo, molto italo – inglese. La borghesia di Clerville è insopportabile, per questo lo spettatore sta dalla parte di Diabolik, ed è composta da personaggi arroganti e spocchiosi che potrebbero vivere nel nostro nord industriale. In questo film c’è stato un grande lavoro estetico per ricostruire il mondo degli anni Sessanta, lo stesso che troviamo ne L’arresto di Diabolik, il numero tre della serie, che è alla base della sceneggiatura. Per la prima volta in un nostro film prestiamo grande attenzione alla parte estetica e non ci limitiamo alla narrazione pura, da sempre la nostra idea di cinema. Noi eravamo lettori di Diabolik, al tempo stesso conoscevamo Kriminal e Satanik (pure su questi personaggi sono stati girati buoni film negli anni Sessanta – Settanta da Lenzi e Vivarelli, nda), ma abbiamo sempre ritenuto il primo molto superiore come potenzialità, tant’è vero che anche su carta è l’unico rimasto in vita. All’inizio volevamo ambientare la storia in epoca contemporanea, ma confrontandoci con Gomboli comprendemmo che avrebbe avuto piacere se avessimo conservato l’ambientazione d’epoca per dare credibilità all’operazione, così abbiamo modificato il progetto. Diabolik è un personaggio crudele, amorale e violento, ma uccide con leggerezza, ecco perché sia nel nostro film che nel fumetto la violenza non pesa. Abbiamo voluto costruire una storia che fosse puro godimento fumettistico, senza problemi di credibilità, ci bastava che il prodotto fosse godibile. I poliziotti sono macchiette, il solo poliziotto intelligente di Clerville è Ginko, per questo abbiamo inserito molta ironia, tante battute che sdrammatizzano il contesto. Il film è stato comprato all’estero, anche in Francia, presto potremo vederlo oltre i confini nazionali. Bologna per noi è Cinecittà, ci siamo trovati bene a girare l’ispettore Coliandro, ci sentiamo bolognesi anche se siamo romani, qui abbiamo i nostri luoghi e i nostri rituali, torniamo a girare nel capoluogo emiliano ogni volta che possiamo. La scena del caveau della banca che s’inonda è girata in una piscina a Ravenna, per simulare l’allagamento. Marinelli non sarà Diabolik nei prossimi episodi, di questo siamo dispiaciuti perché ci è sembrato un ottimo interprete, ma quando giravamo i sequel lui non era disponibile. Il nuovo Diabolik è l’italo canadese Giacomo Gianniotti. Diciamo che se è vero che Diabolik nasce da Fantomas come ispirazione, è in sintonia con tale idea solo per un paio di numeri del fumetto, poi prende una strada del tutto diversa, soprattutto con l’ingresso nella serie di Eva Kant (numero tre). Per questo motivo abbiamo voluto cominciare proprio dalla storia, che vede per la prima volta all’opera la protagonista femminile. E poi Diabolik è diverso da Fantomas perché è il cattivo che vince, il male che trionfa, il personaggio principale delle storie, mentre il poliziotto (Ginko) è soltanto la spalla. Abbiamo voluto fare cinema di genere con i tempi del cinema d’autore, raccontando con coraggio, in un modo antico, come ritmo e come modo di parlare. Seguiamo il motto fai i film che vorresti vedere, tanto caro a Spielberg. Non è certo la stessa cosa di fare i film che pensi che gli altri vorrebbero vedere. Tanto meno facciamo film che raccontano la nostra vita. Noi vogliamo raccontare delle storie, divertire e divertirci.
Diabolik, a nostro parere, è un film del tutto riuscito, che rispetta i fan del fumetto e la tradizione del nostro cinema di genere. I Manetti Brothers hanno già un buon passato alle loro spalle, ma il futuro che li attende sarà ricco di soddisfazioni.