Sul monte Horeb, in Egitto, nella valle del Sinai, precisamente dove Mosè parlò con Dio per mezzo del roveto ardente e dove ricevette le Tavole della Legge, si trova un monastero antichissimo – fatto costruire sopra una cappella già esistente, innalzata per desiderio di Elena, madre di Costantino I – che si mimetizza facilmente con la sabbia del deserto. È il monastero di Santa Caterina d’Alessandria dove, secondo alcune fonti, sarebbe stato portato dagli angeli il corpo della bella ragazza egiziana di nome Caterina dopo la sua morte avvenuta per decapitazione.
Caterina nacque principessa nel 287 ad Alessandria d’Egitto; fu iniziata, sin da bambina, alle arti liberali, soffermandosi soprattutto sulla teologia e sulla filosofia. Divenuta adolescente, era così bella che riceveva continuamente proposte di matrimonio ma, una notte, sognò la Madre di Dio col Bambino in braccio, il quale le infilava un anello nuziale al dito facendola, così, sua sposa in un meraviglioso matrimonio mistico. Un giorno l’imperatore Massimino Daia (altre fonti parlano di Massenzio) diede avvio a grandi festeggiamenti in città con molti riti pagani. Fu in questa occasione che Caterina, presentandosi a palazzo, chiese a Daia di rinnegare il paganesimo e adorare Cristo: “Perché vuoi perdere questa folla con il culto degli dèi? Impara a conoscere Dio, creatore del mondo e suo Figlio Gesù Cristo che con la croce ha liberato l’umanità dall’inferno”. L’imperatore, naturalmente, non adottò il cristianesimo, fatto sta che rimase affascinato dalla bellezza della ragazza e dalla sua eloquenza e intelligenza. Intanto Caterina, con la sua infinita saggezza, riuscì a convertire al cristianesimo molti filosofi pagani e questo fece arrabbiare moltissimo Daia, che espresse il volere di sposare la ragazza, cercando di farle cambiare idea sulle sue teorie, ma ella ovviamente rifiutò. L’imperatore, quindi, fece uccidere i retori di corte diventati ormai cristiani, li mandò al rogo, e fece incarcerare Caterina la quale, durante la sua prigionia, venne visitata più volte da Cristo stesso e venne nutrita da una colomba. Tuttavia, anche da quella cella, Caterina convertiva soldati e funzionari di corte, per questo l’imperatore la fece torturare ed ella si avviava verso il martirio. La sua tortura prevedeva il supplizio della ruota dentata, ma essa venne rotta dagli angeli, pertanto la diciottenne Caterina, il 25 novembre del 305, venne decapitata e dal suo collo non uscì sangue, bensì latte a testimonianza della sua purezza fisica e spirituale. Un attimo prima di morire, Caterina pregò Dio, chiedendogli che il suo corpo venisse sepolto e non smembrato in reliquie. I templari furono certamente molto devoti a Caterina d’Alessandria.
Chi ha visto il bellissimo film “La Papessa”, sa perfettamente che la protagonista, Giovanna, porta al collo un laccio con l’immagine di Santa Caterina d’Alessandria, protettrice degli studenti. Giovanna, nel film, si dedica allo studio, seppur rinunciando alla propria femminilità. Oggi sul sigillo dell’Università parigina della Sorbonne c’è proprio l’immagine di Caterina.
Durante alcuni studi e ricerche effettuate su questa figura – che nel medioevo veniva assai presa in considerazione – gli studiosi si sono imbattuti nella storia della filosofa, matematica e astronoma Ipazia di Alessandria (335 – 415), la quale è la rappresentante della filosofia neo-platonica e, in qualità di studiosa, venne uccisa da una folla di cristiani in tumulto, che la catturarono per la strada, la denudarono, la lapidarono, la fecero a pezzi e la bruciarono, facendola diventare, così, una “martire della libertà di pensiero”. Socrate Scolastico disse di lei: “Era giunta a tanta cultura da superare… tutti i filosofi del suo tempo…. Per questo motivo accorrevano da lei… tutti coloro che desideravano pensare in modo filosofico”, ritenendola l’unica erede del platonismo di Platone e di Plotino. I suddetti studiosi azzardano la tesi che i templari, per celare il nome della pagana Ipazia e per difendere le sue teorie, avessero preso in considerazione uno pseudonimo, vale a dire il nome proprio di Caterina d’Alessandria.
Fatto sta che Giovanna d’Arco (1412-1431) raccontò di una volta che ebbe una visione celestiale di Caterina d’Alessandria, la quale le dava consigli anche durante il suo processo; d’altra parte anche Santa Matilde di Hackeborn (1240-1298) raccontò di avere avuto la visone di Caterina d’Alessandria dentro un manto luminoso coperto di ruote d’oro. In questa visione entrambe parlarono del significato di un canto in onore della santa egiziana, sulle sue nozze mistiche con Gesù e sull’Eucaristia. “La mia bellezza è quello splendore e quella dignità che Cristo diffonde sopra i suoi fedeli, ornandoli della ricca porpora del suo Sangue. Orbene, sappi che questo splendore si rinnova e si accresce ad ogni Santa Comunione; chi si comunica una volta raddoppia questo splendore; ma chi si comunica cento e mille volte, altrettanto aumenta questa bellezza dell’anima sua”, avrebbe detto a Santa Matilde.
Non si sa se realmente Caterina d’Alessandria e Ipazia d’Alessandria siano la stessa persona; la cosa importante da dire è che certamente sono due figure prese in considerazione come simbolo di femminismo. Sono entrambe donne che hanno scelto lo studio come obiettivo di vita; che hanno avuto il coraggio di esternare le proprie idee, alla base del loro stile di vita; che hanno mostrato determinazione anche davanti al pericolo; che hanno pagato entrambe con la loro vita il loro modo di pensare liberamente.