Dottore della Chiesa latina insieme a san Girolamo, sant’Agostino e a san Gregorio I papa, nonché vescovo, teologo e scrittore del IV secolo, Aurelio Ambrogio – semplicemente conosciuto come sant’Ambrogio – è una delle personalità di spicco del Cristianesimo. Nato in Germania, probabilmente a Trèviri, Ambrogio ricoprì la carica di vescovo a Milano dall’anno 374 fino alla sua morte che avvenne il 4 aprile 390. Nel capoluogo lombardo si oppose chiaramente all’arianesimo che in quegli anni si andava diffondendo come dottrina che pensava al Padre, in seno alla Trinità, come il solo a essere divino. Cospicua è la produzione letteraria di Ambrogio che si lega imprescindibilmente ai testi sacri o, più precisamente, all’interpretazione con chiava allegorica e morale della Bibbia. D’altro canto, alcuni commentatori della Divina Commedia ritengono che «Quello avvocato de’ tempi cristiani» – vv. 118-120 del canto X del Paradiso – sia proprio sant’Ambrogio.
Gli studi e gli scritti del Santo in questione non riguardano soltanto l’esegesi biblica perché egli trattò differenti argomenti come quelli di valore morale e mistico. Infatti Ambrogio – conoscendo perfettamente il trattato filosofico e politico intitolato De officiis di Cicerone, in cui, detto a grandi linee, c’è scritto che ogni uomo può vivere la sua vita in modo esemplare se si comporta bene e osserva regole morali – scrisse il De officiis ministrorum, un trattato che ci rivela il segreto per essere un buon cristiano. Con la suddetta opera Ambrogio si rivolse ai suoi figli spirituali di Milano proprio come fece Cicerone che indirizzò il suo De officiis al figlio Marco. Altre opere letterarie ambrosiane sono volte alla mariologia, al dogma, al giudaismo, alla catechesi, alla giustizia sociale e alla politica. Tra tutte emerge l’Exameron, un’opera armoniosa a carattere esegetico nella quale il nostro Autore illustra e commenta il racconto del libro della Genesi. A ciascun libro corrisponde una giornata della creazione per un totale di sei libri: «Il Signore si riposò nell’intimo dell’uomo, si riposò nella sua mente e nel suo pensiero: infatti aveva creato l’uomo dotato di ragione, capace di imitarlo». (Exameron, IX, 10).
È stata talmente forte la presenza di sant’Ambrogio a Milano che oggi nella medesima diocesi esiste il cosiddetto Rito ambrosiano, in cui si parla di cristocentrismo e in cui sussistono elementi delle liturgie orientali – come canti e inni – pur ovviamente rispettando gli usi normativi della Chiesa di Roma. Il modo di scrivere di sant’Ambrogio – così preciso, così chiaro, alternando con scioltezza stili diversi – ha sicuramente lasciato traccia nella letteratura latina cristiana. Della storia di sant’Ambrogio, della sua importanza nel Cristianesimo e del suo influsso nella letteratura ne parliamo con il professore Pietro Salvatore Reina, docente di religione presso l’Istituto Comprensivo Merano I, autore di molti articoli, recensioni e saggi.
D.: Professor Reina, innanzitutto grazie perché con questa intervista ci aiuterà a capire meglio la figura di sant’Ambrogio. Ecco, chi è stato effettivamente Ambrogio di Trèviri e qual è il suo messaggio oggi?
R.: Sant’Ambrogio è eminentemente un uomo d’azione e un pastore amoroso dei fedeli a lui affidati. Una delle figure più importanti e solenni del IV secolo. Un «europeo» – uso questa parola nella sua larga accezione – per condizione (status) e formazione (Bildung) e anche nel giudizio e nell’apprezzamento dei contemporanei. Il biografo di Ambrogio, Paolino di Milano (Vita di sant’Ambrogio, 32; 48), scrive che il padre di Ambrogio era un alto funzionario dell’amministrazione delle Gallie (Vita, 3), discendente della «gens Aurelia». Ambrogio è una figura emblematica nel passaggio dall’antica humanitas classica alla nuova societas che si veniva strutturando sulle basi della nuova cultura e civiltà «rivoluzionaria» del Cristianesimo ispirata al lógos di Gesù Cristo, ai Vangeli. Ambrogio – come si rivela dalla sua produzione letteraria – ha una buona conoscenza di Virgilio, Cicerone, Sallustio e Seneca, ma anche di Omero e Platone. Sant’Ambrogio è il maestro (magister) che ha guidato Agostino, docente di retorica a Milano, alla scoperta della Bellezza («Tardi ti ho amato, bellezza così antica e così nuova, tardi ti ho amato», Confessioni X, 27). La parola di Ambrogio che elargiva ai cristiani della Chiesa milanese affascina Agostino. Grazie ad Ambrogio Agostino ri-trova la Bellezza, la fede e nella notte di Pasqua del 387 la «vita nuova» in Cristo. Agostino, come funzionario pubblico, incontra il vescovo Ambrogio per una visita di cortesia. Ambrogio lo accoglie con affetto e gentilezza. Sarà l’inizio della ricerca della verità (Verità!). Agostino scrive: «Incontrai il vescovo Ambrogio, noto a tutto il mondo come uno dei migliori […] la soavità della sua parola mi incantava» (Confessioni, V).
A differenza di sant’Agostino, sant’Ambrogio è uno strenuo avversario del paganesimo. In un saggio (La maschera della tolleranza. Epistole 17 e 18) edito nel 2006 il professore Massimo Cacciari racconta, con acume, come Ambrogio, l’uomo della nuova fede, negasse ogni possibilità di dialogo e di compromesso tra vecchia e nuova religio.
La figura e la parola di sant’Ambrogio sono un invito alla riflessione, alla meditazione, all’azione. Il suo intenso fervore civile e religioso dovrebbe farci riscoprire ideali e valori oggi, ahimè, sopiti e farci riamare e riappropriare della bellezza del dialogo.
D.: Sant’Ambrogio, si può certamente dire, è stato un grande riformatore. A lui si deve il programma di costruzione di numerosi luoghi di culto come la basilica degli Apostoli; la basilica di San Nazaro in Brolo; la basilica dei Martiri; l’attuale Basilica di Sant’Ambrogio. Per tutta la città di Milano si possono trovare alcune delle sue effigi, antiche e nuove: sopra Porta Romana c’è un bassorilievo che rappresenta il Santo con la verga utile per cacciare gli ariani dalla città milanese; viene rappresentato nel gonfalone di Palazzo Marino datato 1565-66; inoltre lo vediamo raffigurato addirittura in uno dei tanti murales della città, un’opera di arte urbana, di arte giovanile. Professore, cosa ha fatto di così importante sant’Ambrogio per rimanere nella storia e, nella fattispecie, nella storia di Milano? Ci spieghi come mai questo santo viene ritratto addirittura sui murales dai ragazzi milanesi. Si tratta di identità, di antropologia? I giovani milanesi si sentono legati ad Ambrogio di Trèviri?
R.: Sant’Ambrogio è un personaggio affascinante. Una figura, contemporaneamente, umile e dura che riusciva a incitare folle di fedeli, esaltandoli e trascinandoli in azioni di grande slancio religioso e civile. Ambrogio, nel IV secolo, era dopo l’imperatore l’uomo più influente, potente.
Dell’imperatore era il suo più stimato e ascoltato consigliere. Nel 2014 Dario Fo, Premio Nobel per la Letteratura nel 1997, pubblica Sant’Ambrogio e l’invenzione di Milano ove racconta alcuni dei discorsi più significativi di sant’Ambrogio in difesa degli sfruttati e degli schiavi sottoposti a ogni violenza. Ambrogio difendeva la povera gente, la dignità di ogni individuo. Questi suoi espliciti discorsi sono straordinari in quanto sono i primi su questi temi che riprendono temi rivoluzionari del Cristianesimo (tra tutti le «beatitudini») e che anticipano di otto secoli la faconda e affascinante parola ed esempio di san Francesco d’Assisi. In queste azioni e parole sta tutto l’«amore» della città di Milano per il suo vescovo.
D.: Sappiamo che sant’Ambrogio, nella sua vastissima produzione letteraria, si occupò anche di Inni liturgici. Si sa anche che molti inni di Ambrogio sono radicati nella poesia religiosa e nei canti religiosi popolari. Professor Reina, ci spieghi meglio quanto detto e ci parli soprattutto della poesia cristiana latina a opera di sant’Ambrogio.
R.: Gli innografi cristiani (sant’Ilario ma soprattutto da sant’Ambrogio) – insegnano i professori Paladini e Castorina nella loro famosa Storia della letteratura latina – sono influenzati, nella versificazione, dai «poetae novelli». Gli inni ambrosiani sicuri sarebbero quattro (Aeterne rerum conditor; Deus creator omnium; Iam surgit hora tertia; Veni, redemptor gentium) che il nostro autore riesce a introdurre facilmente nella pratica liturgica. L’idea di comporli gli era venuta nel 386 allo scopo di tener vivo con quei canti l’entusiasmo dei fedeli rinchiusi giorno e notte in una basilica milanese che l’imperatrice Giustina voleva concedere agli ariani. Aveva composto anche la melodia ispirandosi a quella tradizionale degli inni pagani. Lo stile semplice e scorrevole fa di questi inni dei veri e propri capolavori poetici della letteratura latina cristiana.
D.: Un’opera veramente eccezionale di sant’Ambrogio è l’Exameron, vale a dire «sei giorni», che si presenta come la raccolta delle omelie ambrosiane pronunciate nella settimana santa dell’anno 386, dove le allusioni alla Bibbia sono molto forti. Professor Reina, ci parli di questa grandiosa opera. Qual è lo sguardo di Ambrogio rivolto a essa? Quali le sue riflessioni su Dio creatore e la sua creatura, cioè l’uomo? Perché per sant’Ambrogio il mondo nacque in primavera?
R.: L’Exameron è un’opera esegetico sul Genesi. A ciascun libro corrisponde una giornata della creazione, per un totale di sei libri. Sei libri che comprendono i nove sermoni sul racconto della creazione, tenuti probabilmente nella Settimana Santa del 386. È «l’opera sua più notevole» (C. Marchesi). L’esegesi ambrosiana mira a istruire gli ascoltatori. La formula dell’esegesi ambrosiana – studiata da L. F. Pizzolato, La dottrina esegetica di sant’Ambrogio – nasce direttamente dall’esperienza pastorale. Il loro linguaggio semplice e umile, in conformità allo stile biblico, spiega l’ampia risonanza che il testo ha goduto e gode. Nella prosa di quest’opera traspare il ritrovato amore per la natura, natura contemplata come frutto della creazione divina. Ambrogio ha una visione unitaria dell’economia della salvezza (dal mistero dell’Incarnazione in poi) che in modo suggestivo traspare nella bellezza della primavera ripresa, ad esempio, dal Sommo Poeta:
Temp’era dal principio del mattino, e ’l sol montava ’n sù con quelle stelle ch’eran con lui quando l’amor divino (Inferno 1, 37-39).
Sant’Ambrogio è un autore fecondo come pochi, che scrisse quasi ininterrottamente nei 23 anni del suo episcopato. Infine, grande valore di documentazione storica e politica ha l’epistolario di Ambrogio che abbraccia gli anni, all’incirca, dal 379 al 396.
D: Professor Reina, grazie infinite per la sua disponibilità. Prima di salutarci, le chiedo di consigliare un testo ai nostri lettori per poter approfondire la figura di sant’Ambrogio.
R.: Un primo libro biografico, che ha un grande valore storico e che consiglio di leggere, è la già citata “Vita di sant’Ambrogio”, del diacono, amico e segretario di Ambrogio Paolino di Milano. Una Vita che attinge ai ricordi del nostro autore e alle altre testimonianze di cui era depositario. È la prima biografia del patrono di Milano. Un’opera sì storica e documentaria, ma che possiede anche un’impostazione agiografia concedendo spazio a episodi straordinari e a miracoli. Una narrazione tessuta e condotta dalla grazia di Dio scelta da Ambrogio. Un altro originale libro che consiglio, anche questo citato nel corso dell’intervista, è quello scritto da Dario Fo, “Sant’Ambrogio e l’invenzione di Milano”, che racconta come un uomo trentacinquenne si trova, con sua grande meraviglia, acclamato vescovo della città di Milano. Il popolo lo implora a «buttare alle ortiche» l’abito di uomo del potere imperiale, di amministratore, giudice governatore – al culmine della carriera – e a indossare la stola e a impugnare il pastorale, il bastone del pastore d’anime. Un vivace racconto storico che ci parla della «metamorfosi» di Ambrogio da uomo del Palatium a «sorvegliante» dell’ortodossia nella Chiesa del IV secolo. Infine, un libro della grande studiosa dell’antichità Marta Sordi, “L’impero cristiano-romano al tempo di Ambrogio”. La professoressa Sordi offre un quadro del complesso periodo storico della seconda metà del IV secolo, in cui Ambrogio è vescovo a Milano, un periodo attraversato ancora dalla crisi del III secolo, una crisi dai «molti volti» (politica, economica, sociale), ma nonostante questo l’Impero, retto da grandi personalità, mantiene il suo vigore e la sua capacità di resistenza.