“Scordato”, il cinema italiano che vogliamo, erede della vecchia commedia, ai limiti del dramma

Articolo di Gordiano Lupi

Rocco Papaleo gira il suo posto delle fragole, una sorta di ritorno a Lauria, sua città natale, per ritrovare il tempo perduto. Sono molte le similitudini tra l’attore – regista e il personaggio principale (onnipresente) del film, dall’infanzia trascorsa tra Lagonegro e Lauria, passando per il primo amore artistico: la musica, che sia batteria come chitarra. Tutto il resto è fantasia, la storia dell’accordatore di pianoforti in fuga dal suo mondo piccolo per colpa di una sorella brigatista finita in carcere e del peso di un passato che sente sulle gracili spalle. Molto azzeccata l’idea del continuo dialogo tra un Orlando sessantenne (Papaleo) e un Orlando ventenne (Corbisiero) sugli episodi del tempo andato e sul senso di un presente ben diverso da come entrambi lo avrebbero voluto. Orlando è in crisi depressiva, fuma cannabis, medita il suicidio, non ha un legame affettivo stabile, fa un lavoro per sopravvivere che poco ricorda le sue passioni, si trova solo in preda di oscuri pensieri. A un certo punto incontra una fisioterapista (Giorgia), prova un sentimento molto simile all’amore, grazie a lei compie il viaggio alla ricerca del suo passato e supera tutti gli scheletri disseminati sul percorso d’una vita che lo vede del tutto fuori sintonia, in una parola scordato, come i pianoforti che ripara. Orlando riesce, dopo molte traversie ad affrontare la realtà, a rivedere la sorella in carcere e a lasciarsi alle spalle i problemi insoluti. Rocco Papaleo scrive e dirige il film della sua vita, forse il più compiuto, raccontando ancora una volta la sua terra – sia per immagini suggestive che con i personaggi – e approfondendo un legame che, nonostante le mille contraddizioni, lo vede legato ai luoghi di origine. Meravigliosi e potenti gli scenari marini di Maratea, le montagne di Lauria e Lagonegro, la visione di una Basilicata come terra accogliente ma ancora indifferente e rassegnata, incapace persino di gioire del fatto che Matera sia stata designata capitale europea della cultura. Commedia agrodolce, molto introspettiva, profonda e leggera al tempo stesso, capace di regalare alcune sequenze da antologia e inevitabili cadute in basso (nella seconda parte), ben diretta e sceneggiata. Montaggio non consequenziale dovuto, visto il continuo alternarsi di passato e presente, caratterizzati da una diversa fotografia e spesso da un attore che se ne sta (alla Bergman) fuori scena e osserva gli eventi. Centoquattro minuti che passano bene, grazie alla bravura di Rocco Papaleo e di Simone Corbisiero nei ruoli principali, mentre Giorgia attrice – pur con tutta la buona volontà – non convince proprio, ma si fa notare come cantante dei titoli di coda e di un brano musicale scritto con Papaleo. Questo è il cinema italiano che vogliamo, erede della vecchia commedia, ai limiti del dramma, vero come la vita, con pretese alte che non sempre giungono a compimento, ma quando la magia si verifica è il trionfo di un cinema che si abbevera alle fonti nobili di Proust e Bergman. Scusate se è poco. Da vedere.

Regia: Rocco Papaleo. Soggetto e Sceneggiatura: Rocco Papaleo, Walter Lupo. Fotografia: Simone D’Onofrio. Montaggio: Mirko Platania. Musiche: Michele Braga. Scenografia: Sonia Peng. Costumi: Sara Fanelli. Produttori: Marco Cohen, Fabrizio Donvito, Benedetto Habib, Alberto Monte, Daniele Campos Pavoncelli. Case di Produzione: Indiana Production, Less Is More Produzioni. Distribuzione (Italia): Vision Distribution. Paese di Produzione: Italia, 2023. Durata. 104’. Genere: Commedia, Drammatico. Interpreti: Rocco Papaleo (Orlando sessantenne), Giorgia (Olga, fisioterapista), Simone Corbisiero (Orlando ventenne), Anna Ferraioli Ravel (Ottavia), Angela Curri (Rosanna), Giovanni Andriuoli (Vicesindaco Castelluccio), Antonio Petrocelli (professor Deodato), Giuseppe Ragone (Filippo Santarsiero), Marco Trotta (Agostino Di Fazio), Manola Rotunno (Giacomina), Jerry Potenza (Rocchino).

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