“Tutti possiamo essere spregevoli. Ognuno di noi porta con sé un crimine commesso o un crimine che l’anima gli chiede di commettere”. Fernando Pessoa non aveva affatto esagerato. E ovviamente non aveva conosciuto il web, dove si possono commettere tanti crimini. Ma l’altra faccia della medaglia è che la tecnologia può anche aiutare le forze di polizia a combattere i crimini.
Sono lontani i tempi di Sherlock Holmes, creato dalla fantasia di Artur Conan Doyle, così come quelli di Arsène Lupin, ideato da Maurice Leblanc. La società corre veloce e anche gli elementi principali che identificano un delitto o un reato lo sono altrettanto. Nella realtà non esistono supereroi che vengono a salvarci, ma ci sono donne e uomini che lottano ogni giorno per mantenere l’ordine e la giustizia.
L’era digitale ha portato delle grandi trasformazioni nel settore delle indagini relative alla malavita organizzata. Infatti, le nuove tecnologie arrivano in soccorso ogniqualvolta serve trovare indizi e prove e il loro aiuto può essere fondamentale.
Esistono scanner laser a 3D, che permettono una inequivocabile rappresentazione della scena del crimine a distanza. La tecnologia laser a 3D è capace di determinare i diversi valori della scena del crimine a una velocità che può centrare decine di migliaia di punti al secondo, per poi avvalersi di questi dati per dare vita ad un modello 3D della scena. In seguito, il laser, che ha catturato anche i colori dalle foto digitali, li impiega per modificare il modello in un modello 3D fotorealistico. Ciò permette alla polizia di vagliare la scena del crimine, senza dover essere presente sul posto. Le forze di polizia della West Midlands Police , nel Regno Unito, sono i precursori di questa tecnologia.
Ci sono altri potenti strumenti digitali usati dalla giustizia. Alcuni dipartimenti della polizia americana, per esempio, stanno utilizzando l’intelligenza artificiale insieme al riconoscimento facciale. Grazie a questi software pare siano stati identificati i manifestanti che hanno assaltato Capitol Hill. Certo, questi sistemi non piacciono perché il rischio è quello di vedere violata la propria privacy. Vengono utilizzate banche dati con tantissime fotografie, in alcuni casi rintracciate sui social network e dalla rete, e magari potrebbe essere coinvolto anche chi non ha nessuna responsabilità.
Possiamo menzionare il software prodotto da Hitachi, ad esempio, che sfrutta l’intelligenza artificiale per analizzare un numero smisurato di dati che arrivano da fonti impensabili come: telecamere a circuito chiuso, mappe, aggiornamenti sui social del proprio status o la condivisione della propria posizione. Riesce a trovare, in una determinata area, le zone in cui è possibile che avvengano dei reati. Pare sia davvero potentissimo ed efficace.
Non mancano i dispositivi che grazie al GPS riescono a identificare, e a localizzare, il malvivente che sta cercando di scappare. In America, in particolare in alcune città statunitensi, vengono collocati, in posti strategici, dei sensori sonori che posti nel centro abitato captano dove vengono sparati colpi d’arma da fuoco. In questo modo è più semplice rintracciare dove avviene una sparatoria o più sparatorie. Ricordiamo i droni che dall’alto riescono a mostrare le immagini. I robot che trovano impiego in diversi settori come quello per disinnescare le bombe, basta controllarli a distanza per evitare che lo facciano i soldati.
Per dirla con Honoré de Balzac: “l’ignoranza è la madre di tutti i crimini. Un crimine è, prima di ogni altra cosa una mancanza di ragionamento”. E la tecnologia è un’arma nascosta e contribuisce a prevedere i crimini e, in alcuni casi, evita che si compiano. Per fortuna, anche se rimane il fatto che i criminali la usano, abbondantemente. E’ una lotta e vince chi è meno ignorante e chi ragiona…