Il nostro mondo è in accelerazione verso il nulla, verso qualcosa di ignoto che si chiama o povertà o guerra. In verità, questa alternativa è da molti decenni che si paventa, ma è oggi che mostra la faccia più cruda, più terribile. La nostra età non è dissimile dalla storia dell’uomo su questo “sputo” di pianeta in una galassia qualsiasi nei secoli precedenti, ma c’è una sostanziale differenza: oggi potremmo fermare sia la povertà e tutte le sue conseguenze sia la guerra o le guerre che infestano il pianeta. Per la prima volta saremo in grado di farlo se l’egoismo innato nell’essere umano (senza distinzione di colore) non avesse il sopravvento. Assistiamo inermi a manovre militari e finanziare che strangolano i popoli e depredano i risparmi di tutti. Ormai – ed è un dato incontrovertibile – la politica intera come scelte e prospettive per un domani migliore è a traino della finanza e dei poteri finanziari che agiscono di conseguenza. Non l’economia che è scienza nobile ed alta, ma la bassa ed egoistica finanza ha il sopravvento sulla situazione che stiamo vivendo.
E nessuno osa proferire parola. Come quei naufraghi che vengono trasportati dalle onde, il mondo degli intellettuali è muto. Anzi, verrebbe da chiedersi dove siano oggi gli intellettuali. Dove siano quelli che per la loro posizione e le loro conoscenze sono liberi di dissentire e di rappresentare il dissenso non come mera protesta di piazza, ma come moto e movimento di idee. Marcello Veneziani in “La sconfitta delle idee” ed. Laterza 2003 ci rappresenta, con chiarezza che gli intellettuali ci sono, ma hanno uno spazio risicato e, soprattutto, non hanno a chi esporre. Per questo rimando al saggio citato che sul tema è ampio ed esaustivo. Prima regola è pensare e seconda regola è veicolare il pensiero nonostante il dissenso e nonostante il rischio di essere etichettati con una “lettera scarlatta”. Gli intellettuali non mancano, ma manca la loro voce, la loro forza della riflessione e del giudizio, manca l’analisi che porta alla sintesi e, quindi, al ragionamento o ci sono, ma non si esprimono.
Se ci sono e ci sono, allora viene da chiedersi il motivo per il quale non parlano. Crediamo che il motivo non sia la mancanza di coraggio, ma semmai il fatto che le loro parole disturbino l’ondata di amenità che l’informazione disinformata propina e che il pubblico privo di capacità critica acquisisce. Non c’è spazio per gli intellettuali in questo palinsesto della informazione e le loro idee non sono mordi e fuggi che è la regola della modalità attuale. E poi ci sono i libri che non vengono più letti perché nessuno ha più il tempo e la costanza di mettersi solo con se stesso e nutrirsi di idee invece di farsi vedere nelle pose più disparate sui social. Siamo non nella società dell’io, ma dello specchio che deve riflettere bellezza anche quando non c’è. Siamo nel tempo della corsa e del tempo risicato per noi stessi. Siamo nel tempo in cui un influencer è più seguito di un cattedratico. È un tempo buio ed il risveglio sarà anche peggio perché quei due fantasmi che si aggirano per il mondo, povertà e guerra, sono alimentati dall’atteggiamento della massa.
Sono due fantasmi che vanno in coppia e che non disperdono energie, anzi, si alimentano di queste. Gli intellettuali devono osare e devono fare sentire la loro voce anche se potrà sembrare inascoltata. Un uomo o una donna nella caverna ideale di platonica memoria ci sarà a recuperare le idee e trasformarle in azione. Il pensiero non deve morire, la capacità di pensare in autonomia non deve morire, l’atteggiamento critico sulle cose non deve morire, il coraggio delle idee non deve morire. Solo così potremo riuscire a vincere povertà e guerra, le due megere che bussano alla porta del futuro del mondo.