Sergio Corbucci (Roma, 1927 – 1990), dirige un numero incalcolabile di pellicole, spaziando tra i generi più popolari del cinema italiano, ma soffermandosi sulla commedia, rendendo scostumata la commedia di costume e portandovi la parolaccia a ruota libera e il riso di grana grossa (Enrico Giacovelli). Il regista romano proviene dal giornalismo, compie le prime esperienze come aiuto di Aldo Vergano e debutta appena venticinquenne con una serie di melodrammi che assecondano il gusto popolare: Salvate mia figlia! (1951), La peccatrice dell’isola (1952), Terra straniera (1953), Baracca e burattini (1954), Acque amare (1954), Carovana di canzoni (1954), Suonno d’ammore (1954), Lacrime di sposa (1955), Suprema confessione (1956), Gioventù disperata (1957), Il ragazzo dal cuore di fango (1957) e I ragazzi dei Parioli (1959). Passata la moda del melodramma, cambia registro e si specializza come autore di film comici, dedicandosi agli ultimi lavori di Totò, oltre a girare alcuni discreti peplum e spaghetti-western di buona fattura. Tra i Totò-movies citiamo: Chi si ferma è perduto (1961), Totò, Peppino e… la dolce vita (1961), I due marescialli (1961), Lo smemorato di Collegno (1962), Il monaco di Monza (1963) e Gli onorevoli (1963). Sergio Corbucci dirige anche la popolare coppia comica Franco Franchi e Ciccio Ingrassia ne Il giorno più corto (1962) – un film comico farsesco legato alla guerra – e ne I figli del leopardo (1965). Segnaliamo alcune pellicole a carattere mitologico come la seconda unità de Gli ultimi giorni di Pompei (1959), Il figlio di Spartacus (1962), Romolo e Remo (1961) e la collaborazione a Maciste contro il Vampiro (1961). Attivo nel western all’italiana che contribuisce a codificare sia dal punto di vista del tortilla-western o western rivoluzionario de Il mercenario (1968) e Vamos a matar compañeros (1970), che dello spaghetti-western come Il grande silenzio (1961) – uno dei migliori western italiani di tutti i tempi -, Massacro al grande canyon (1964), Minnesota Clay (1965), il crepuscolare e credibile Django (1966), Navajo Joe (1966), Johnny Oro (1966), I crudeli (1966) e Gli specialisti (1969), per sconfinare nel western comico de La banda J. & S. cronaca criminale del Far West (1972), fino alla farsa esilarante de Il bianco, il giallo e il nero con Tomas Milian, Giuliano Gemna ed Eli Wallach. In mezzo a tanto western troviamo un film di spionaggio come Bersaglio mobile (1967), il picaresco Er più- storia d’amore e di coltello (1971), interpretato da un Adriano Celentano alle prime armi, un film sui Borgia come L’uomo che ride (1966) e il comico Che c’entriamo noi con la rivoluzione? (1972), interpretato da Vittorio Gassman e Paolo Villaggio, che vede un attore e un comico coinvolti nella rivoluzione messicana.
Sergio Corbucci inserisce elementi di comicità nel western, ma comincia a dirigere commedie intrise di momenti erotici con Il bestione (1974), pellicola scritta da Luciano Vincenzoni e Sergio Donati, interpretata da Giancarlo Giannini, Michel Constantin, Enzo Fiermonte, Dalila Di Lazzaro, Gabriella Giorgelli, Giuliana Calandra, Imma Piro e Anna Mazzamauro. La commedia presenta il contrasto tra un camionista milanese (Constantin) e un giovane siciliano (Giannini), prima compagno di viaggio e successivamente socio in affari, ma i guai non mancheranno, tra scioperi, cambiali, crumiraggi e camorristi. Si tratta di una commedia popolare on the road costruita su dialoghi scurrili per strappare facili risate, ma i personaggi principali sono camionisti e operai, ben tratteggiati, quindi il gergo usato è realistico. Giancarlo Giannini aveva già fatto una simile interpretazione in Mimì Metallurgico (1972) di Lina Wertmüller. La componente sexy è garantita da una giovanissima e spigliata Dalila Di Lazzaro e da Gabriella Giorgelli, interprete di molta commedia erotica minore. Per non parlare dell’affascinante Giuliana Calandra, non più giovanissima, ma sempre attrice di gran classe. La colonna sonora è di Guido e Maurizio De Angelis che citano la vecchia Dune Buggy.
Di che segno sei? (1975) è una commedia in quattro episodi tutti con minimi riferimenti erotici ma collegati tra loro da elementi astrologici. Acqua (Paolo Villaggio, Giuliana Calandra, Gino Pernice e Gil Cagné) narra le vicissitudini di un pilota portuale di navi che pensa di essere sul punto di cambiare sesso; Aria (Mariangela Melato e Adriano Celentano) è ambientato nel mondo delle balere e vede protagonista una ballerina a caccia di un partner per vincere un premio sostanzioso; Terra (Renato Pozzetto, Giovanna Ralli e Luciano Salce) racconta la storia di un muratore che si invaghisce della moglie del datore di lavoro; Fuoco (Alberto Sordi, Ugo Bologna, Marcello Di Falco, Shirley Corrigan, Jack la Caienna e Lucia Alberti) è la storia grottesca del poliziotto privato Nando Moriconi che rende la vita impossibile alle persone che deve proteggere. Nando Moriconi è un vecchio personaggio lanciato da Alberto Sordi nel film cult Un americano a Roma. Si tratta di quattro episodi di modesto valore comico, ma con diverse situazioni piccanti che permettono di inserire il film tra le commedie erotiche.
Bluff – Storia di truffe e di imbroglioni (1976) è un film comico scritto e sceneggiato dal regista con la collaborazione di Dino Maiuri e Massimo De Rita, che si ispirano sicuramente a La stangata (1973) di George Roy Hill per i colpi di scena e a Borsalino (1970) di Jacques Deray per le ambientazioni d’epoca. Interpreti: Adriano Celentano, Anthony Quinn, Corinne Cléry, Capucine (Germaine Lefèbvre), Ugo Bologna, Sal Borgese, Mircha Carven e Renzo Marignano. La pellicola è ambientata nella Francia degli anni Trenta, dove un giovane truffatore (Celentano) aiuta a fuggire dal carcere un vecchio maestro (Quinn) e insieme mettono in piedi un inganno ben congegnato – quanto poco credibile – ai danni dell’ex amante del secondo. Corinne Clèry rappresenta la componente sexy nei panni della figlia del vecchio truffatore, completamente nuda in alcune rapide sequenze. Adriano Celentano viene guidato con mestiere da Corbucci ma come suo stile non può evitare di debordare dalle linee tracciate. Ottima la colonna sonora a base di charleston di Lelio Luttazzi.
Il signor Robinson – Mostruosa storia d’amore e d’avventure (1976) è una scialba parodia della storia di Robinson Crusoe scritta dal regista con la collaborazione di Paolo Villaggio, Castellano e Pipolo. Ricordiamo un libro scritto dalla coppia di sceneggiatori, ma non sappiamo se sia nato prima il film o la storia su carta, né possiamo immaginare la pochezza di un simile romanzo. Interpreti: Paolo Villaggio, Zeudi Araya, Percy Hogan e Anna Nogara. Paolo Villaggio interpreta il consueto personaggio da imbranato totale, solo che questa volta si trova a naufragare su un’isola deserta dove sente la mancanza di smog, televisione e civiltà. A fargli compagnia ci pensa una seducente Venerdì come la bellissima Zeudi Araya, elemento sexy importante in un film che non riveste altri motivi di interesse. La pellicola mostra alcuni nudi parziali della bella attrice che si ricorda per uno strip al contrario, una vestizione a base di biancheria intima moderna e brevi sequenze che mostrano seno e glutei. La ragazza è contesa dall’ingegnere costretto a misurarsi (senza successo) con un fidanzato indigeno. Villaggio viene sconfitto ma sposa la bella indigena, perché il capo del villaggio preferisce il rivale come guerriero. La coppia non riesce a far l’amore perché la tradizione vuole che l’intero villaggio assista alla prima prova di felicità e questo fatto blocca l’ingegnere. Nonostante tutto la nostalgia della civiltà è forte, il naufrago sente persino la mancanza della Coca Cola, dei programmi televisivi e dei problemi legati a traffico e inquinamento. Venerdì comprende il disagio del compagno, usa un piccione viaggiatore per richiamare sull’isola la moglie che si viene a riprendere il signor Robinson e lo riporta nel mondo civile. Villaggio se ne pente, ma ormai è tardi e una rete da pesca lo recupera dopo aver tentato un tuffo in mare.
Tre tigri contro tre tigri (1977) è commedia erotica a episodi ma ne abbiamo già parlato nel corso del capitolo dedicato a Steno, perché il film è realizzato in collaborazione. Sergio Corbucci ha il merito di spogliare un’affascinante Dalila Di Lazzaro nei panni di una finta contessa che abborda un evaso in astinenza come Enrico Montesano. Un buon lavoro che diverte abbastanza, soprattutto per merito di Renato Pozzetto, prete invaghito della stangona Kirsten Gille. Ecco noi per esempio… (1977) è una commedia amara basata sulla verve comica e le peculiari caratteristiche di Adriano Celentano e Renato Pozzetto, scritta e sceneggiata dal regista con la collaborazione di Giuseppe Catalano e Sabatino Ciuffini. Altri interpreti: Capucine, Barbara Bach, Imma Piro, Georges Wilson, Felice Andreasi, Antonio Casagrande, Giuliana Calandra, Franca Marzi, Elio Crovetto, Ernst Thole, Laura Fo, Ugo Bologna, Walter Valdi, Enrica Bonaccorti e Sal Borgese. I mattatori sono Pozzetto e Celentano, in due ruoli antagonisti che li vedono compenetrarsi bene e suscitare l’entusiasmo del pubblico. Pozzetto è un ingenuo che vuol pubblicare un libro di poesie e diventa amico di Celentano, uno scroccone dal cuore d’oro che mantiene la famiglia d’una poveraccia. Cerca il colpo grosso per sistemarsi ma non ci riesce. Corbucci sfrutta al meglio le qualità dei due protagonisti – veri e propri idoli del pubblico – ma la parte satirica fallisce completamente perché troppo qualunquista. Vediamo femministe stereotipate, poeti gay, ricchi isterici e sequestri di persona all’ordine del giorno. Il film passa poco in televisione e quando capita dobbiamo apprezzarlo tagliato per colpa di un nudo integrale di Barbara Bach. Secondo incasso della stagione.
La mazzetta (1978) è un giallo napoletanotratto dal romanzo omonimo di Attilio Veraldi e interpretato da un buon cast: Ugo Tognazzi, Nino Manfredi, Paolo Stoppa, Marisa Merlini, Marisa Laurito e Imma Piro. Bozzetti napoletani a non finire e solito elogio dell’arte di arrangiarsi, per un intreccio arruffato e poco convincente. Pari e dispari (1978) è un Bud Spencer e Terence Hill movie, quanto di più lontano dal tema della nostra trattazione, solito canovaccio di scazzottate e risse che per l’occasione si svolgono in Florida. Giallo napoletano (1979) è una commedia nera interpretata da Marcello Mastroianni, Ornella Muti, Renato Pozzetto, Michel Piccoli, Zeudi Araya e Peppino De Filippo. Mastroianni è un suonatore ambulante di mandolino, lavora molto per pagare i debiti di gioco del padre (De Filippo) che si trova coinvolto in un giro di delitti. Non è un film memorabile, nonostante il grande cast, ma si ricorda come ultimo film di Peppino De Filippo. Ai nostri fini va citato anche per due bellezze diametralmente opposte ma altrettanto affascinanti come Ornella Muti e Zeudi Araya. Poliziotto superpiù (1980) non riguarda la nostra tematica, perché presenta Terence Hill orfano di Bud Spencer per un divertimento dedicato ai bambini, ispirato ai fumetti di supereroi.
Mi faccio la barca (1980) è un film tratto dal romanzo I quaranta belanti di Ernesto Gastaldi, sceneggiato da Mario Amendola e Bruno Corbucci. Protagonisti principali sono Johnny Dorelli e Laura Antonelli, ma troviamo anche Christian De Sica e Daniela Poggi per costruire una commedia sofisticata incerta e senza inventiva. Dorelli è un dentista separato piuttosto imbranato che ha comprato a rate una piccola barca per portare i figli a fare una crociera in mare, ma l’ex moglie (Antonelli) non si fida e lo segue. Al termine di un serie di disavventure – che vedono un sequestro da parte di due evasi in fuga e l’affondamento della barca – la coppia si ricompone per la gioia dei figli. Dorelli è la carta vincente di un film piuttosto scontato e il pubblico decreta il successo di un lavoro modesto solo per la sua caratterizzazione da italiano traditore. Musiche di Gianni Ferrio con la canzone principale (Sciacqua l’acqua) cantata da Dorelli. Elementi sexy sono rappresentati dalla presenza conturbante di una Laura Antonelli piuttosto castigata e dalla giovanissima Daniela Poggi.
Non ti conosco più amore (1980) è una nuova commedia sofisticata interpretata da Johnny Dorelli e Monica Vitti, oltre a Gigi Proietti, Franca Valeri, Donatella Damiani e Girolamo Marzano. Si tratta di un remake di un vecchio film del 1934, Non ti conosco più, di Nunzio Malasomma. Monica Vitti è una moglie che tenta di far ingelosire il marito avvocato (Dorelli) fingendo di non riconoscerlo e affermando che il suo vero consorte è un medico (Proietti) venuto a visitarla. Il medico consiglia al marito di stare al gioco per cercare di curarla, ma alla fine sarà la moglie a confessare di aver voluto punire il compagno, reo di averla trascurata troppo. Molto casta, a parte qualche coscia nuda di Monica Vitti, e soprattutto fuori dal tempo. Chi trova un amico trova un tesoro (1981) è un nuovo film a base di risse e cazzotti interpretato da Bud Spencer e Terence Hill ambientato in un’isola tropicale. Bello mio, bellezza mia (1982) è un tentativo poco riuscito di commedia sofisticata interpretata da Giancarlo Giannini (anche sceneggiatore), Mariangela Melato, Stefania Sandrelli, Giuliana Calandra e Sal Borgese. Una storia di mafia, sgarri, vendette, pacchi bomba e ragazzi sfruttati da organizzazioni criminali. Giannini rifà per l’ennesima volta Mimì Metallurgico, ma il tempo passa…
Il conte Tacchia (1982) è una commedia ambientata nel 1910 che vede tra gli interpreti Enrico Montesano, Vittorio Gassman, Paolo Panelli. Zoe Chauveau, Giuseppe Pambieri, Ninetto Davoli, Ania Pieroni, Lia Zoppelli e Claudio Gora. Checco Puricelli (Montesano) è un povero falegname che tutti chiamano “il conte Tacchia”, perché vorrebbe entrare a far parte della nobiltà. Le tacchie sono dei piccoli cunei di legno che porta in tasca e che usa nel suo lavoro per stabilizzare i mobili che non spianano bene. Il falegname è innamorato della popolana Fernanda, ma al tempo stesso corteggia la duchessa Elisa e fa ingelosire il marchese Lollo. La commedia è a lieto fine, perché con l’aiuto di una sostanziosa eredità e con l’intercessione di re Vittorio Emanuele III, il conte Tacchia diventa davvero nobile. Checco si vendica di chi lo aveva sempre deriso e snobbato, sfida a duello il marchese, conquista la mano della giovane duchessa, ma rifiuta di sposarla perché il suo cuore batte ancora per la popolana Fernanda. Montesano è bravissimo, anche se la critica nota un eccesso di volgarità, a parere di chi scrive giustificata dall’ambientazione popolare. Corbucci dirige con mestiere un film in costume recitato in dialetto romanesco e intriso di satira antinobiliare.
Questo e quello (1983) è commedia erotica in due episodi, scritta e sceneggiata dal regista con la collaborazione di Renato Pozzetto, Nino Manfredi e Bernardino Zapponi. Il primo episodio, intitolato Questo… amore impossibile è interpretato da Renato Pozzetto, Janet Agren e Gianni Agus. La storia racconta la crisi creativa di un disegnatore a fumetti che riprende la voglia di lavorare grazie all’inaspettata visita della bellissima Janet Agren. Il disegnatore si innamora della bionda apparizione, ma alla fine si rende conto che si tratta di una macchinazione dell’editore per tirarlo fuori dalla depressione. Janet Agren è una star della commedia erotica di serie B e del cinema horror italiano, ma pure in questo film delizia il pubblico con alcune apparizioni senza veli. Il secondo episodio, intitolato Quello… del basco rosso, è interpretato da Nino Manfredi, Sylva Koscina, Desirée Becker e Paolo Panelli. Buone presenze sexy anche in questo segmento, sia per un’affascinante Koscina che per la grazia loliteggiante della Becker. Nino Manfredi è uno scrittore che porta a letto la figlia di una vecchia fiamma per liberarla da un trauma infantile. Per la prima volta nudo sul grande schermo persino Nino Manfredi, ma la scena è tutta per la giovanissima Desirée Becker. Mereghetti giudica il film “grezzo, elementare e supponente”.
Sing Sing (1983) è una commedia scritta da Franco Ferrini ed Enrico Oldoini composta da un prologo metacinematografico e da due episodi. Il prologo mostra un regista che fa morire troppo presto le due star di un film e non sa come andare avanti. Il primo episodio, interpretato da Enrico Montesano, Vanessa Redgrave e Paolo Panelli, racconta la storia di un meccanico romano che pensa d’essere figlio della regina d’Inghilterra e per questo entra senza tanti problemi a Buckingham Palace. Il secondo, interpretato da Adriano Celentano, Marina Suma e Rodolfo Laganà, è la storia di un’attrice perseguitata da un maniaco che assolda un investigatore dai metodi rudi. Non è un gran film, manca del tutto la componente erotica e non si ride molto. Montesano e Celentano, alle prese con battute poco efficaci e con storie raffazzonate, non centrano il bersaglio. In ogni caso va meglio a Montesano, anche perché nel suo episodio spicca la presenza di un’affascinante Vanessa Redgrave.
A tu per tu (1984) è una commedia del periodo decadente interpretata da Johnny Dorelli, Paolo Villaggio, Adriano Pappalardo, Marisa Laurito e Moana Pozzi (prima del passaggio al porno). Dorelli è un finanziere in bancarotta che coinvolge nei suoi guai un ingenuo tassista come Villaggio. Un lavoro da dimenticare, una pochade fuori tempo massimo a base di equivoci, travestimenti e scambi di persona che non strappa neppure un timido sorriso. Villaggio cita ancora il suo Fantozzi ma ormai il pubblico è stanco delle identiche tristi battute.
Sono un fenomeno paranormale (1985) è una commedia poco riuscita, scritta e sceneggiata dal regista con la collaborazione di Bernardino Zapponi e Alberto Sordi. Interpreti: Alberto Sordi, Eleonora Brigliadori, Elsa Martinelli, Maurizio Micheli, Ines Pellegrini e Claudio Gora. Sordi è uno scettico giornalista televisivo che va in India per svelare i trucchi dei fachiri, cade da un elefante, finisce in coma e quando si risveglia si rende conto di possedere poteri paranormali. Nella sua casa romana si rende conto che riesce a piegare posate, scatena cicloni e fa levitare mobili. Partono da questo assunto interessanti momenti da commedia sexy che si avvalgono della presenza di un’affascinante Eleonora Brigliadori, nel momento più brillante della sua carriera. Sordi scatena l’orgasmo nella platea femminile di Pippo Baudo con la forza dello sguardo e si sdoppia per godere contemporaneamente di moglie e amante. Il ritmo è fiacco, ma Sordi è bravo a interpretare l’uomo comune che presenta lo sguardo allucinato di chi è posseduto da forze soprannaturali.
Roba da ricchi (1987) si avvale di un cast da commedia erotica d’alto livello, composto da Serena Grandi, Renato Pozzetto, Laura Antonelli, Francesca Dellera, Paolo Villaggio, Lino Banfi, Enzo Garinei, Maurizio Micheli, Aldo Ralli, Claudia Gerini e Vittorio Caprioli. Il film è scritto dal regista con la collaborazione di Gianni Romoli, Bernardino Zapponi, Mario Amendola, Massimo Franciosa e Bruno Corbucci. Lo schema è quello del film a episodi e la tematica erotica risulta predominante, anche se le scene sono piuttosto caste come tradizione della commedia alta. Il contenitore delle avventure è rappresentato dalla località vacanziera dove si sviluppano le vicissitudini dei personaggi. Sono tre storie che si intrecciano durante una vacanza in Costa Azzurra. Renato Pozzetto è un prete che fa innamorare la principessa di Monaco, Serena Grandi è una truffatrice che incastra l’imbranato assicuratore Paolo Villaggio, Lino Banfi è un ricco pugliese in vacanza sulla Costa Azzurra e sua moglie Laura Antonelli lo tradisce con un rozzo cantautore. Molti gli elementi sexy, anche una giovanissima Claudia Gerini, oltre alle esperte Grandi, Antonelli e Dellera, ancora in gran forma. Serena Grandi è la più nuda delle tre, fa innamorare Villaggio nella solita versione fantozzesca, lo spinge ad aiutarla per compiere l’omicidio del marito e scappa con l’amante (Micheli). Il film costa ben quattro miliardi e lo gira un campione degli incassi come Sergio Corbucci, ma il ritmo e le trovate comiche sono da varietà televisivo dell’era Berlusconi.
Rimini Rimini (1987) è una nuova commedia di ambientazione vacanziera che collega tra loro diversi episodi facendo riferimento alla nota località balneare romagnola. Il film è scritto e sceneggiato da Sergio e Bruno Corbucci (che firmerà il sequel Rimini Rimini – Un anno dopo, insieme a Giorgio Capitani), Mario Amendola, Massimo Franciosa, Maurizio Micheli, Marco Risi, Gianni Romoli e Bernardino Zapponi. Il titolo ricorda il romanzo di Pier Vittorio Tondelli del 1985 (Rimini), ma ovviamente non ha niente in comune. Interpreti: Laura Antonelli, Paolo Bonacelli, Eleonora Brigliadori, Jerry Calà, Serena Grandi, Sylva Koscina, Maurizio Micheli, Andrea Roncato, Paolo Villaggio, Elvire Audray, Adriano Pappalardo, Livia Romano, Gigi Sammarchi, Monica Scattini, Giuliana Calandra, Lydia Mancinelli, Camillo Milli, Arnaldo Ninchi e Sabrina Ferilli. L’estate a Rimini è molto calda e i personaggi intrecciano storie dal contenuto erotico e pruriginoso. Serena Grandi è la proprietaria di un locale notturno che circuisce il pretore moralista e imbranato Paolo Vilaggio; Laura Antonelli è una riccona che si invaghisce di Maurizio Micheli e trascura il suo amante Adriano Pappalardo; Eleonora Brigliadori è una ragazza a caccia di avventure ma resterà delusa da tutti, persino dal figlioletto dell’amica che si fa pagare per andare a letto con lei; Andrea Roncato è un prete alle prese con Elvire Audray, suora in topless; Jerry Calà assolda la prostituta Livia Romano per fingersi sua moglie e circuire un riccone. Commedia vacanziera a tutti gli effetti, ma anche commedia sexy che risente del passare dei tempi e dei ritmi televisivi. Alcune parti sono piuttosto erotiche, come lo strip stile Nove settimane e mezzo di Serena Grandi e le sequenze che vedono protagonista Eleonora Brigliadori, prima in palestra con un culturista e subito dopo a letto con un dodicenne. Il cast femminile è eccellente. Grande successo della stagione cinematografica e buon seguito per la versione televisiva da 210’. Il film si presta al piccolo schermo.
I giorni del commissario Ambrosio (1988) è un poliziesco di ambientazione milanese che ricorda il serial televisivo dell’Ispettore Derrick. Il soggetto è il romanzo Maledetto agosto di Renato Olivieri (ma la storia si svolge d’inverno) ed è pensato come plot di una serie di telefim per Reteitalia (mai realizzata). Interpreti: Ugo Tognazzi, Athina Cenci, Carlo Delle Piane, Carla Gravina, Pupella Maggio, Claudio Amendola, Amanda Sandrelli, Cristina Marsillach, Rossella Falk, Teo Teocoli, Duilio Del Prete, Elvire Audray ed Elio Crovetto. Night club (1988) è l’ultimo film per il cinema di Sergio Corbucci, un nostalgico omaggio agli anni ruggenti della dolce vita, sceneggiato dal regista con la collaborazione di Massimo Franciosa, realizzando un soggetto di Giovanni Fago, Lucio Fulci e Luciano Martino. Interpreti: Christian De Sica, Mara Veneir, Massimo Wertmüller, Sergio Vastano, sabina Guzzanti, Roberto Ciufoli, Luciana Turina, Diane Bodart, Sabrina Ferilli, Elena Paris, Claudia Gerini ed Elisabetta Valentini. La pellicola presenta uno spaccato della Roma del 1960, mette in primo piano un ricco calabrese a caccia di donne facili nelle sale da ballo più equivoche della capitale, ma incastrato da due truffatori che sognano il colpo da novanta. All’alba si diffonde la notizia della morte di Fred Buscaglione in un incidente d’auto e come d’incanto svaniscono tutte le illusioni. Molto televisivo, anche se la ricostruzione storica è interessante.
Sergio Corbucci conclude la carriera con il film per la televisione Donne armate (1990), girato proprio l’anno della sua morte e trasmesso in due puntate a partire dal 9 gennaio 1991, il mercoledì, alle 20 e 30, su Rai Due. Si tratta di un poliziesco al femminile che vede protagoniste due donne: Lina Sastri (un’ex terrorista) e Cristina Marsillach (ispettrice di polizia). Un buon lavoro sugli anni di piombo ben interpretato dalle due protagoniste, scritto da Giovanni Romoli, Stefano Sudriè e Sergio Corbucci.
Ricordiamo Sergio Corbucci anche come prolifico sceneggiatore: A Sud niente di nuovo, Il cavaliere del castello maledetto, Io bacio tu baci, La ragazza che sapeva troppo, Quella sporca storia nel West, Quella piccola differenza, La morte accarezza a mezzanotte, Alla mia cara mamma nel giorno del suo compleanno…
La critica non è tenera con Sergio Corbucci, considerato un regista popolare che si lascia prendere la mano da volgarità e turpiloquio. Roberto Poppi è inflessibile: “In molte occasioni dimostra troppa accondiscendenza ai gusti di un certo pubblico e certi produttori, calcando il pedale su volgarità e turpiloquio del tutto gratuiti, che contribuiscono allo scadimento della commedia italiana e, in generale, del cinema cosiddetto medio. Gianni Canova è meno caustico: “Sergio Corbucci è regista di consumato mestiere dotato di felice intuito per imbastire storie popolari di sicura presa nei confronti del pubblico. Siano film con Totò, spaghetti-western, fortunate commedie, polizieschi partenopei, sono quasi sempre successi . Porta al successo attori come Adriano Celentano, Johnny Dorelli, Renato Pozzetto, Paolo Vilaggio ed Enrico Montesano”. Sergio Corbucci dice di se stesso: “Sono uno che supplisce con la quantità alla mancanza di qualità”. A parere di chi scrive non è così vero, perché la sua commedia semplice, spontanea, romanesca, anche se sboccata e incline al turpiloquio, conserva il pregio della spontaneità.