Sport preso di mira: cresce l’Hate Speech

Articolo di Francesco Pira

Nel nostro Paese ci sono alcune leggi che servono a contrastare questo tipo di condotta in rete. Le vittime hanno la possibilità di denunciare alle forze dell’ordine la violenza subita o possono inviare una segnalazione alle piattaforme, o ai vari siti, su cui viene perpetrato l’atto di odio

Ormai, si discute tanto di Hate Speech che è un termine inglese che identifica il “discorso d’odio”, “incitamento all’odio”, per individuare qualunque tipo di comunicazione che aggredisce o si serve di un linguaggio discriminatorio rivolto a un gruppo, o ad una singola persona, in base alla loro religione, etnia, nazionalità, sesso o altro fattore di identità.

Si tratta di un fenomeno che scatena l’odio più profondo e l’intolleranza più grave. L’ Hate Speech era già conosciuto prima del successo di internet ma adesso, attraverso i social, è più semplice dar sfogo alla propria cattiveria e alla propria frustrazione grazie allo schermo.

La piattaformizzazione della società ci allontana dalla realtà e questo ci porta a dimenticare l’importanza dell’altro.

I casi di Hate Speech sottolineano una particolare violenza e prepotenza ad una caratteristica della persona scelta dall’hater.

In particolare, nell’ambito sportivo l’Hate Speech continua a crescere. I commenti social relativi al calcio, sport che interessa l’informazione sportiva italiana, sono davvero preoccupanti.

Il portale di informazione odiareunosport.it ha pubblicato i dati che emergono dalla seconda edizione del Barometro dell’Odio nello Sport, ricerca realizzata dal Centro CODER dell’Università di Torino nell’ambito del progetto Odiare non è uno sport, presentata il 25 ottobre 2023 a Roma, nella Sala dei Presidenti CONI, al Foro Italico. Oltretutto, “Odiare non è uno sport” è un progetto educativo e una campagna di sensibilizzazione per prevenire e contrastare l’Hate Speech online nello sport, anche con il coinvolgimento di campioni sportivi come testimonial.

“Lo studio ha monitorato per tre mesi, dal 1° Ottobre 2022 al 6 Gennaio 2023, i social (Facebook e Twitter) delle 5 principali testate sportive italiane, Gazzetta dello Sport, Tuttosport, Corriere dello Sport, Sky Sport e Sport Mediaset, identificando quattro principali dimensioni dell’Hate Speech: linguaggio volgare, aggressività verbale, aggressività fisica e discriminazione. Su un totale di 3.412.956 commenti su Facebook e 29.625 su Twitter analizzati, circa un milione sono stati classificati come Hate Speech e circa 200.000 contenevano almeno un riferimento alla discriminazione”.

A quanto pare “rispetto ai dati del 2019, emerge che la percentuale di post a cui non fanno seguito commenti d’odio su Facebook è diminuita dal 25,7% al 15,1%, mentre i post con più di 25 commenti di Hate Speech sono aumentati dal 13,6% al 29,8%. Anche su Twitter, dove il volume dei commenti è decisamente inferiore, la percentuale di Hate Speech è cresciuta in maniera significativa: il 54,9% dei commenti è stato identificato come Hate Speech, mentre nel 2019 il dato era del 31%”.

Inoltre, è importante evidenziare che “la dimensione più frequente di Hate Speech è rappresentata dall’aggressività verbale con una percentuale che su Facebook è pari al 67,3%, seguita da espressioni di linguaggio volgare (22,1%). Discriminazione ed espressioni riconducibili a forme di aggressività fisica registrano valori più bassi nel 2022 rispetto al 2019, passando rispettivamente dal 7% al 6,5% e dal 6% a al 4,1%”.

Il Professore Giuliano Bobba, docente dell’Università di Torino, Dipartimento di Culture, Politica e Società, ha dichiarato che “il fenomeno non è in diminuzione, ma in crescita. Guardando i dati complessivi, soprattutto Facebook, perché Twitter veicola ormai pochi commenti, vediamo che il livello di Hate Speech generale è aumentato e che sono pochissimi i post a cui non fanno seguito commenti d’odio”.

La ricerca mostra che “tuttavia – sebbene con volumi diversi – tutti gli sport scatenano un importante flusso di commenti d’odio su entrambe le piattaforme: su Facebook, il calcio e la pallavolo presentano le percentuali più alte di commenti contenenti Hate Speech (rispettivamente 12,4% e 12,7%); su Twitter, il basket si distingue con la percentuale più elevata di linguaggio volgare (15,4%) e aggressività verbale (30,8%), mentre il calcio si caratterizza per la presenza di aggressività fisica (13,5%)”.

In particolare, “tra le squadre di Serie A, quelle che maggiormente scatenano Hate Speech nei commenti sono su Facebook l’Inter, la Lazio e la Juventus, con percentuali comprese tra il 13,3% e il 13,7%, e su Twitter la Roma (con il 26% di Hate Speech nelle replies relative a contenuti dedicati alla squadra), la Lazio (24,3%) e il Napoli (22,6%)”.

Per quanto riguarda gli sportivi “se tra i calciatori è Leonardo Bonucci ad aver fatto registrare il livello maggiore di Hate Speech (16,5% su Facebook e 29,2% su Twitter), gli allenatori è Massimiliano Allegri a raccogliere la più alta percentuale di commenti d’odio. Tra gli sportivi non calciatori, su Facebook sono la pallavolista Paola Egonu e il pilota di Formula 1 Verstappen a registrare il volume più alto di commenti contenenti Hate Speech (rispettivamente 16% e 16,4%)”.

In Scozia è esecutiva, dal 1° aprile 2024, la “Hate Crime Act” ossia una legge che estende il crimine di “incitamento all’odio” anche a chi offende e denigra le persone transessuali e transgender oltre ai casi di razzismo e all’ orientamento religioso e sessuale.

Humza Yousaf, ex primo ministro scozzese, ha detto che è nata per fronteggiare “crescente ondata di odio nella società”. Pena massima, sette anni di carcere. La legge ha fatto discutere tantissimo l’opinione pubblica.

In Italia per combattere questo fenomeno nel 2019 è stata istituita la Commissione Segre, voluta fortemente dalla Senatrice a vita Liliana Segre, con lo scopo di trovare nuove soluzioni e analizzare in anticipo le proposte di legge, per ostacolare fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo, istigazione all’odio e alla violenza nelle loro più disparate espressioni che siano di tipo razziale, etnico, religioso o sessuale.

Nel nostro Paese ci sono alcune leggi che servono a contrastare questo tipo di condotta in rete. Le vittime di Hate Speech hanno la possibilità di denunciare alle forze dell’ordine la violenza subita o possono inviare una segnalazione alle piattaforme, o ai vari siti, su cui viene perpetrato l’atto di odio.

Diverse le iniziative lanciate da Google e da Facebook. Addirittura su Facebook è possibile fare delle segnalazioni ben precise per far in modo che tutto ciò che risulti lesivo venga bloccato o eliminato dal network.

Come se non bastasse, ci si può rivolgere ad Agcom, Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, che dal 2019 ha pensato ad un regolamento per i siti internet che, pur assicurando la libertà di comunicazione e di espressione, devono lottare contro ogni forma di discriminazione e ogni codice dell’odio, attraverso una serie di norme. Quando la normativa non viene rispettata è possibile applicare una serie di sanzioni anche nei confronti dei responsabili dei siti e di conseguenza delle piattaforme.

Ho studiato e analizzato come si comportano gli hater. I risultati delle mie ricerche indicano quanto l’Hate Speech sia davvero pericoloso. Chi pratica Hate Speech continua ad avere un comportamento aggressivo anche al di là dello schermo e della tastiera. L’individuo continua ad essere un leone da tastiera ogni giorno.

Papa Francesco ha parlato tanto dell’odio e lui stesso è stato un bersaglio degli hater. Il Santo Padre, durante una omelia, ha detto: “Mentre la società e i social accentuano la violenza delle parole, noi stringiamoci alla mitezza della Parola che salva, che è mite, che non fa rumore, che entra nel cuore”. A luglio del 2022 si era già espresso contro gli hater dicendo che: “L’uso dei media digitali, in particolare dei social media, ha sollevato un certo numero di gravi questioni etiche” perché “a volte e in alcuni luoghi, i siti dei media sono diventati luoghi di tossicità, incitamento all’odio e notizie false”.

Le persecuzioni di genere devono essere fermate. Le persone non possono essere inserite all’interno di “categorie” e nessuno può permettersi di fare del male agli altri.

Simon Wiesenthal, ingegnere e scrittore austriaco di origine ebraica, che ha affermato: “Il connubio di odio e di tecnologia è il massimo pericolo che sovrasti l’umanità” e noi non possiamo dargli torto. Allora, puntiamo all’amore e alla riscoperta di quei valori che sembrano essere perduti.

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