Sono trascorsi quarant’anni dalla strage di Ustica. Un incidente aereo avvenuto, il 27 giugno 1980, in quella parte di mare compresa tra le isole italiane di Ponza e Ustica.
Il volo di linea coinvolto fu IH870, partito da Bologna Borgo Panigale e diretto a Palermo Punta Raisi, operato dall’aeromobile Douglas DC-9 della compagnia aerea Itavia. Durante il volo si perse il contatto radio con l’aeroporto di Roma-Ciampino, responsabile del controllo del traffico aereo in quel settore.
L’aereo cadde nel mar Tirreno, senza nessun superstite.
Nella strage morirono tutti gli 81 occupanti dell’aeromobile, tra passeggeri ed equipaggio. Fino al disastro aereo di Linate,quello di Ustica fu il secondo degli “incidenti” aerei più gravi avvenuti sul suolo italiano dal secondo dopoguerra.
A quarant’anni di distanza, vari aspetti dell’incidente non sono ancora chiariti in maniera compiuta, a partire dalla dinamica stessa e dalle motivazioni reali.
Varie le ipotesi vagliate nel corso degli anni riguardo alla natura, alla dinamica e alle cause dell’incidente: una delle più accreditate, e pertanto accettata con valenza in sede penale e risarcitoria, riguarda un coinvolgimento internazionale, segnatamente francese, libico e statunitense, con il DC-9 che si sarebbe trovato sulla linea di fuoco di un combattimento aereo, venendo infine bersagliato per errore da un missile (sparato segnatamente da un caccia NATO contro un MIG dell’aviazione dello stato nordafricano).
Infatti, pare proprio che ventuno aerei militari di diverse nazionalità volavano sui cieli italiani «in una guerra non dichiarata». Questa l’espressione usata dal giudice Rosario Priore che ha indagato per anni sulla strage di Ustica. Le tensioni che tormentavano l’area del Mediterraneo ebbero un ruolo importantissimo in questa terribile situazione. La Francia di Giscard d’Estaing e gli Stati Uniti del neo presidente Reagan da un lato, la Libia di Gheddafi dall’altro, con il Governo italiano stretto in una complicata mediazione: non tradire la fiducia degli alleati insofferenti nei confronti del Colonnello e del suo sostegno a tante azioni terroristiche e, al tempo stesso, continuare a tessere buone relazioni con Tripoli, che garantiva il petrolio. Il 1980 è anche l’anno dell’instabilità provocata dai nuovi assetti in Medio Oriente dopo l’invasione sovietica dell’Afghanistan e il potere preso da Khomeini in Iran, oltre che della morte di Tito. I rapporti tra Roma e Parigi e sulla politica aggressiva dell’Eliseo verso Gheddafi è di particolare interesse, e rende meno sorprendente quanto dichiarato dal presidente emerito della Repubblica Francesco Cossiga che nel 2008 in un’intervista attribuisce proprio a un caccia francese il lancio del missile.
Le cose cambiano nel 1990 con l’arrivo del giudice Rosario Priore, il quale coglie immediatamente anche il peso delle implicazioni internazionali, tanto da procedere con circa 300 rogatorie.
Altre ipotesi, tuttavia meno battute e, alla prova dei fatti, risultate inconsistenti, raccontano di cedimento strutturale o di attentato terroristico (un ordigno esplosivo nella toilette del velivolo), ipotesi tuttavia smentita dalla scoperta di varie parti integre della fusoliera, quali vani carrelli e bagagliaio, che suggerivano che non vi fosse stata alcuna esplosione interna.
In questi giorni, in vista dell’anniversario, è stata intervistata Daria Bonfietti, fondatrice e presidente dell’associazione dei parenti delle vittime della Strage di Ustica, la quale ha dichiarato che: “Non c’era nessuna esercitazione Nato, ma aerei americani, francesi, inglesi, belgi e libici che solcavano i nostri cieli”.
Suo fratello, Alberto, è fra le 81 vittime del volo DC-9 della Itavia, partito da Bologna alle 20.08 e diretto a Palermo, scomparso dai radar poco prima delle 21. Fra depistaggi, omissioni, processi, risarcimenti in sede civile, reati caduti in prescrizione, nuovi audio e nuove indagini della Procura di Roma (in corso), la Strage di Ustica resta uno dei più grandi misteri della storia del nostro Paese.
Secondo la Bonfietti “Ustica non è un mistero italiano, si sa esattamente quello che è successo e un giudice lo ha messo per iscritto: l’aereo è stato colpito da un missile”. Intervistata, da RaiNews 24, all’interno del Museo per la memoria di Ustica, Daria Bonfietti, racconta la lunga lotta per la verità. “In questo luogo raccontiamo ai giovani quello che è successo, e raccontiamo anche che la nostra vicenda è l’esempio di come i cittadini possano vincere le loro battaglie”. Con un appello finale alla politica e alle istituzioni: “Oggi quello che ci manca e che vogliamo sapere è chi è stato ad abbattere un aereo nei cieli italiani in tempo di pace. Questo è quello che chiediamo al governo: che faccia tutto il possibile per darci l’ultimo pezzo di verità che manca” .
Daria Bonfietti chiede al governo di muoversi in maniera decisa, pensando che sia necessario chiedere all’America e alla Francia che cosa ci facevano nei nostri cieli quella notte. Bisogna avere una dignità nazionale per pretendere quella verità.