Stragi autorizzate di animali selvatici

Articolo di C. Alessandro Mauceri

In diverse regioni d’Italia, continua la strage di animali selvatici. Una strage, secondo alcuni, giustificata da motivi di sicurezza. Una vera e propria moda almeno stando ai numeri che non trovano alcuna giustificazione relativa alla sicurezza.

In Trentino, dall’anno in cui sono stati reintrodotti, sono 63 gli orsi morti, catturati o… spariti. 63 su un totale di 98 esemplari di orso bruno con più di un anno di età presenti in Trentino (secondo gli ultimi dati ufficiali del Rapporto grandi carnivori 2023, presentato lo scorso giugno). Sette orsi sarebbero stati abbattuti dalla forestale. Quindici sarebbero morti per cause naturali. Ma i numeri più sorprendenti sono quelli che parlano di 16 orsi trovati morti “per cause sconosciute”. E i nove spariti nel nulla. Tra loro anche molti cuccioli. L’ultimo è stato investito da una macchina in Paganella. Eppure i numeri degli attacchi non sembrano parlare di pericolo così devastante: secondo alcune stime, dal 2014 ad oggi, in Italia si sarebbero verificati solo otto attacchi all’uomo da parte di orsi. Di questi, solo uno mortale (quello in cui ha perso la vita Andrea Papi). Per contro in sedici casi si sarebbe trattato di “falsi attacchi”, senza alcuna conseguenza.

Anche i lupi sono stati accusati di essere pericolosi. A definirli tali il presidente e l’assessore all’Agricoltura e alle Foreste della Provincia di Bolzano: “Ieri sera un altro animale da allevamento è stato vittima di un lupo nei pascoli di montagna intorno a Planol (Malles). In totale sono 41 gli animali – pecore e capre – uccisi dai lupi nella zona tra la metà di maggio e la fine di luglio, elencati nell’autorizzazione al prelievo”. Dopo le predazioni nei Comuni di Curon e Malles è arrivata la decisione di abbattere anche i lupi. Il nuovo attacco, secondo le autorità, “dimostra che la popolazione di lupi in rapida crescita in Alto Adige rappresenta un grave pericolo per il bestiame e quindi per la tradizionale agricoltura alpina e di montagna. Il prelievo dei lupi è una misura necessaria e urgente”. Un motivo valido per continuare a sostenere la necessità di abbattere questi animali davanti al Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa – Sezione Autonoma di Bolzano che aveva sospeso la misura della Provincia.

Ma non sono solo lupi e orsi ad essere finiti nel mirino (in tutti i sensi) delle autorità. Con una delibera approvata lo scorso 8 agosto, la giunta della Regione Abruzzo ha previsto l’abbattimento di ben 500 cervi a partire dal prossimo 14 ottobre. Ancora una volta non si tratta di misure legate d uno o a pochi animali definiti “pericolosi”. Qui si tratta di uccidere centinaia e centinaia di animali colpevoli di essere … animali. In questo caso, infatti, non è certo pensabile di giustificare queste stragi con gli attacchi alle greggi. E quanto agli uomini non ci risultano dati recenti in Italia di morti a causa di un attacco da parte di un cervo. Tra le ragioni addotte da chi vuole sterminare i cervi in Abruzzo i danni alla comunità: il loro numero diventato eccessivo causerebbe danni all’agricoltura e costituirebbe un rischio per la sicurezza stradale. Ancora una volta, dura la risposta delle associazioni animaliste. Il WWF ha criticato la decisione, definendola dannosa per la biodiversità, e sottolineando che, invece di optare per l’abbattimento dei cervi, la Regione avrebbe potuto implementare soluzioni preventive, come ad esempio l’utilizzo di recinzioni e dissuasori, realizzabili anche mediante il ricorso ai fondi del PNRR. Il piano della Regione Abruzzo prevede il “prelievo selettivo” da parte di cacciatori abilitati in due aree dell’Abruzzo, denominate Comprensorio 1 e Comprensorio 2, con l’obiettivo di riportare il numero degli “animali presenti entro livelli compatibili di equilibrio con le altre componenti biologiche ed antropiche” e di “garantire il rispetto del principio della conservazione della specie”.

Decisioni “urgenti” frutto di una errata gestione delle risorse naturali che va avanti da decenni. Dopo enormi sforzi per riportare il numero di certe specie ai livelli del passato, in Italia ora si accusano gli animali di essere pericolosi. E si cerca di correre ai riapri e ordinandone gli abbattimenti. Tutto questo è frutto di scelte sbagliate e di programmi di gestione delle risorse e delle riserve evidentemente incapaci di garantire la sostenibilità.

Per porre un freno a questa strage di animali innocenti, c’è chi ha avviato una raccolta firme per cinque referendum sulla tutela della fauna e dell’ambiente. Una campagna promossa dall’associazione Rispetto per tutti gli animali che ha già raccolto migliaia di sottoscrizioni. Rispetto per tutti gli animali chiede di “rendere illegale la crudele e inquinante pratica della caccia, ormai obsoleta, non più significativa per l’esistenza dell’essere umano” e di “vietare l’ingresso nei fondi privati da parte dei cacciatori”, attualmente previsto dalla legge “anche senza l’autorizzazione del legittimo proprietario”. Il terzo quesito chiede l’abolizione di metodi di allevamento “crudeli” quali “la limitazione forzata dello spazio vitale a volte estrema come nel caso dei polli, delle gabbie per le scrofe o delle vasche per i pesci di allevamento”, che, secondo l’associazione, costituiscono un “ambiente di allevamento malsano, maleodorante e mortifero senza accesso ad aria e luce che causa il diffondersi di patologie dolorose”. Il quarto quesito propone l’abolizione della sperimentazione animale, dato che “per progredire la ricerca scientifica non necessita più di cavie da laboratorio vive”. Chiaro l’attacco alle case farmaceutiche che secondo l’associazione “preferiscono torturare milioni di esseri viventi invece di investire sulle sicure modalità alternative oggi a disposizione”. Pratiche come la vivisezione, l’inalazione di gas tossici, le ustioni chimiche e l’esposizione a radiazioni, suoni, ultrasuoni, onde elettromagnetiche ed elettricità. L’ultimo quesito referendario richiede l’abolizione dell’impiego degli animali in “circhi”, “delfinari” e “zoo”. Tutti posti dove, secondo l’associazione, gli animali sono “costretti a limitare le loro necessità etologiche solo per soddisfare la curiosità degli esseri che li hanno imprigionati”.

Per aderire alla campagna di raccolta firme per il referendum essere firmate attraverso lo SPID – o, in alternativa, ADN, CIE e CNS – sulla piattaforma per le iniziative popolari (a questo link).

Purtroppo la scelta di abbattere centinaia di animali selvatici non ha niente a che vedere con la sicurezza dell’essere umano. In natura gli animali più pericolosi non sono i lupi. E nemmeno gli orsi. Nè, nelle regioni costiere, gli squali. L’animale più pericoloso è la zanzara: ogni anno le malattie trasmesse dalle zanzare causano la morte di 750mila persone (in tutto il mondo). Al secondo posto ci sono i serpenti: i serpenti velenosi mordono oltre 5 milioni di persone ogni anno e secondo Medici Senza Frontiere, uccidono più di centomila persone, nel mondo. In Italia sono almeno cinque le specie di serpenti, ma anche in questo caso, il rischio di morte a causa del morso di una vipera è piuttosto basso: le statistiche parlano di 257 morsi da vipera comune all’anno in Italia, ma di questi a risultare mortali sono pochissimi e solitamente per shock allergico o nel caso di morsi su bambini. Eppure nessuno ha avviato una campagna per l’eliminazione delle zanzare. O dei serpenti velenosi.

Secondo ISTAT le principali cause di morte sono altre. Anche in Trentino Alto Adige o in Abruzzo. Ma di queste – stranamente – non si parla …. Disuguaglianze nella mortalità per causa in Italia secondo caratteristiche demografiche, sociali e territoriali – Anno 2020 – Istat

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