Regista affermato si rifugia sull’isola, dove Bergman cercava ispirazione. L’uomo è a caccia di quiete per lavorare su una storia gotica da raccontare. Con lui la compagna, anch’essa sceneggiatrice e la figlia adolescente. Nonostante la relazione funzioni tra i due si respira un senso di finitezza che trasforma la connivenza in semplice rappresentanza. Saranno quei luoghi, così cari al grande regista a far riflettere i due sulle prospettive per il futuro personale e artistico.
Sull’isola di Bergman , il nuovo film di Mia Hansen-Løve è un dramma a tinte leggere che prova a far luce sull’arte. La regista si chiede se sia possibile differenziare la mente personale da quella artistica e lo fa utilizzando una coppia di creativi. Un film garbato ricco di dialoghi tra due persone affini che sentono avvicinarsi quella stanchezza che in una coppia appare naturale, ma che tanto spaventa gli individui. Due artisti che vivono in simbiosi da anni, consolidando le loro perplessità in maniera civile ma non lasciando parti sconosciute.
Una sceneggiatura colta ma non ridondante accompagna le passeggiate, le ubriacature e le prese di coscienza dei due. Dialoghi sull’arte e sulla vita che la regista contestualizza in una dimensione così solitaria da far dubitare della realtà stessa. Bergman pensava storie, dove i piani del racconto si sovrappongono alle personalità dei protagonisti per questo la regista da un taglio quasi sospeso a tutta la vicenda. Sull’isola di Bergman è una piacevole esperienza che parla a una platea curiosa di approfondire esperienze e sensazioni senza annoiarsi con riflessioni elaborate.
Tony e Crish cercano separatamente un’ispirazione per il loro lavoro e lo fanno assaporando natura e quel senso di inadeguatezza verso le scelte definitive che la creatività impone. Sullo sfondo una storia d’amore e di ricordo, vissuta a margine, darà modo ai due di capire quanto la fortuna del completarsi a vicenda è il vero capolavoro.