“Tano da morire”, una storia parlata, cantata e suonata

Articolo di Gordiano Lupi

Regia: Roberta Torre. Soggetto e Sceneggiatura: Roberta Torre. Collaboratori alla sceneggiatura: Gianluca Sodaro, Enzo Paglino. Distribuzione Internazionale: Adriana Chiesa Enterprises srl. Film di interesse culturale, contributo Presidenza del Consiglio – Dipartimento Spettacolo. Produzione: A.S.P. srl, in collaborazione con Dania Film, Vip National Audiovisual, Lucky Red srl, Rai – Rai Tre, Telepiù, la Città di Palermo. Produttori: Donatella Palermo, Loes Kamsteeg. Scenografia: Fabrizio Lupo, Claudio Russo. Coreografia: Filippo Scuderi. Suono di Presa Diretta: Glauco Puletti, Mauro Lazzaro. Montaggio Suono: Luciana Pandolfelli. Costumi: Antonella Cannarozzi. Montaggio: Giogiò Franchini. Fotografia: Daniele Ciprì. Collaboratore alla Scenografia: Gianluca Sodaro, Enzo Paglino. Organizzazione: Marco Pistolesi. Canzoni e Musiche Originali: Nino D’Angelo. Effetti Ottici e Titoli: Studio 4 di Mario Patriarca. Aiuto Regia: Enzo Di Terlizzi. Assistenti alla Regia: Marco Alessi, Giacomo Iuculano, Vincenzo Navarra. Organizzatore Scene di Massa: Marcello Testa. Effetti Di Scena: Sergio Lo Verde. Assistenti alla scenografia: Daniela Cernigliaro, Vincenzo Cannioto. Scenotecnico: Michele Bassetta. Attrezzista: Filippo Pecoraino. Sarta: Vera Lo Bianco. Assistente Coreografo: Giuseppe Rosignano. Truccatore e Parrucchiere: Andrea e Mariangela Giustino. Operatori: Daniele Ciprì, Giuseppe Schifani. Assistente Operatore: Silvia Falanga. Aiuto Operatore: Andrea Bolognesi. Operatore Steadycam: Giovanni D’Angelo. Capo Elettricista: Mimmo Caiuli. Capo Macchinista: Fabrizio Tarantino. Elettricista: Pino Carelli. Macchinista: Salvo Porretto. Fotografo di Scena: Sergio Ciprì. Assistente Montaggio: Maria Grazia Pandolfo. Grafica Titoli: Filippo Pecoraino. Macchine da Presa e Mezzi Tecnici: Technovision. Negativo: Kodak. Sviluppo e Stampa: Augustus Color. Tecnico del Colore: Maurizio Iacoella. Mixage: Video 2. Fonico di Mixage: Roberto Caroselli. Effetti Sonori: Paolo Frati. Effetti Speciali: Corridori. Edizioni Musicali: Insieme srl. Canzoni (scritte da Nino D’Angelo) cantate da: Song ’o frate (Rino Langella), Simme ’a mafia (Pietro Ascolese, Gianni D’Ambrosio), Tano Guarrasi (Emi Salvador), Sposa busciarda (Gianni Sacco), Rock figlia mia (Mirella Dalma, Rino Langella), Femmene sole (Lina Santoro), Samba delle mogli (Anna Fani, Mena Steffen, Lina Santoro, Mirella D’Alma), ’A tamurriata d’ ’e spioni (Nino D’Angelo), ’O rap ’e Tano (emi Salvador, Rino Langella, Mena Steffen, Anna Fani, Lina Santoro, Giani D’Ambrosio, Mirella Dalma, Antoine, Angelo Di Gennaro, Gianni Sacco, Alfredo Venosa. Il brano Tanoswing è di Massimo Vella. I brani Ciuriciuri e A luna in miezzo o’ mare sono riadattati dal Pentagramma. I brani Tano’sBallad e Tarantella delle streghe sono composti ed eseguiti dal Pentagramma. Il brano Abballate abballate è eseguito al pianoforte da Marco Alessi. Genere: Musicale, Grottesco. Durata: 80’. Interpreti (tutti non professionisti): Ciccio Guarino(panettiere, Tano Guarrasi), Adele Aliotta, Annamaria Gonfalone e Mariella Aliotta (casalinghe, le sorelle di Tano), Filippo Teriaca (salumiere, ‘o rap’e Tano), Antonio Ardizzone, Gino Sandrelli (cantanti, mafiosi cantanti), Domenico Florio (barista) e Toni Gambino (disoccupato) (mafiosi spettatori), Rosa Teriaca, Eleonora Teriaca e Anna Pullara (casalinghe, le donne d’onore), Elena Aliotta (casalinga), Maria Varvarà (casalinga), Cristina Drago (parrucchiera) e Concetta Alfano (commessa) (le  donne d’onore), Pasquale Tranchina (ristoratore), Ettore Mazza (impiegato), Enzo Sala (geometra) e Lorenzo La Rosa (allevatore) (gli amici di Tano), Maurizio Testa (ambulante, il figlioccio di Tano), Giacomo D’Ignoto (pensionato, il verduraio della Vucciria), Carmelo Pipitò (fornaio) e Peppuccio Aliotta (barbiere) (i killers), Vito Caldarella, Carlo Caldarella e Giorgio Caldarella (agricoltori, la famiglia), Salvatore Teriaca (asfaltatore, Raffaele l’ammaccato), Mimma De Rosalia (infermiera, Franca Guarrasi), Franco Meta (cantante, il cantante da matrimonio), Vincenzo Di Lorenzo (agricoltore – ballerino, Don Paliddu Billizza), Francesca Di Cesare (cantante, la figlia di Tano), Lina Santoro (cantante, Pina la parrucchiera), Corpo Bandistico, Antonietta Bonetti Scalisi (baronessa, la poetessa antimafia), Vito Fessina (commerciante) e Gaetano La Piana (maestro di ballo) (mafiosi ballerini), Gaspare Mazzotto (barman, il marito), Ettore Bravo (cuoco) e Carlo Casarubea (ispettore regionale) (mafiosi ballerini), Enzo Paglino (elettricista, il narratore), Vincenzo Corrao (postale) e Leonardo Siciliano (rappresentante) (mafiosi ballerini), Massimo Pullara (giornalista, sé stesso), Mariano Palma (pescatore) e Nicola Marchese (macchinista F.S.) (mafiosi ballerini), Antonina Uzzo (sarta, la moglie di Tano), Francesco Azzaro (posteggiatore, il killer di Tano). Molti collaboratori e comparse, tra questi: Corpo di ballo della Vucciria, complesso rock Il Pentagramma, complesso Sole e Pioggia.

Roberta Torre nel 1997 si fa venire l’idea geniale di girare un musical sulla mafia, grottesco e psichedelico, coloratissimo e teatrale, affidando tutta la parte musicale e la scrittura delle canzoni a Nino D’Angelo, che – grazie al successo di critica – si risolleva da un momento di declino. Tutto parte da un fatto di cronaca: l’omicidio del macellaio della Vucciria di Palermo, Tano Guarrasi, in realtà potente boss di mafia. Torre racconta la storia per flashback (non collegati) e parti oniriche poco consequenziali, cominciando dall’omicidio e andando a ritroso per indagare nei rapporti familiari e nei collegamenti mafiosi. Il racconto è costellato di canzoni, coreografie, scene grottesche alla Almodovar e trovate degne di Kusturica, originali e geniali, impaginato con dissolvenze a spirale che portano indietro nel tempo e sottolineate da una magistrale fotografia in bianco e nero, curata da Daniele Ciprì. Un omaggio allo stile di vita siciliano, un tuffo nel passato del quartiere palermitano della Vucciria, tra citazioni musicali a La febbre del sabato sera (Simme ’a mafia) -durante l’iniziazione mafiosa di Tano – e un rap originale per commemorare la morte del boss (’O rap ’e Tano). La trama è piuttosto semplice, si dipana per salti temporali narrando la storia di un mafioso (Tano) e della sua famiglia, raccontando infanzia, affiliazione criminale e morte, fino al matrimonio della sorella del boss e il successivo nuovo delitto di mafia. Molte trovate insolite, come l’uso di una sorta di coro da tragedia greca, individuato in un gruppo di pettegole nel negozio di parrucchiera, che commentano gli eventi. Inoltre c’è la voce narrante che porta per mano lo spettatore, presentando i vari personaggi, messi in primo piano da un riflettore teatrale, come fosse giunto il momento da protagonisti. Ricordiamo sequenze stile cartoni animati (teschi che danzano, lampi fumettistici …), comicità slapstick, dissolvenze improvvise, split screen d’altri tempi, funerali a tempo di musica, sottofondo a base di Ciuriciuri e A luna in miezzo o’ mare, fotografia coloratissima, fondali volutamente kitsch, coreografie eccessive, mafiosi che cantano e ballano come se fossero a una festa.

Tano da morire viene proiettato con buon successo al Festival di Venezia del 1997, ottiene il Premio Settimana Internazionale della critica e il Premio Leone del Futuro – Opera Prima, con la menzione speciale Fipresci. David di Donatello a Roberta Torre come miglior regista esordiente e a Nino D’Angelo come miglior musicista. Tre Nastri d’Argento: Miglior regista esordiente, Migliori attrici non protagoniste e Miglior colonna sonora. Nino D’Angelo è importante ai fini del successo di un film grottesco e bizzarro, recitato pasolinianamente da attori presi dalla strada (i titoli di coda mettono in risalto i veri mestieri), un mafia movie musicale, molto americano, come in Italia non si era mai pensato di realizzare. Roberta Torre inventa un suo stile, passa dal documentario al musical, dal film verità al surreale, gira una pellicola che sfiora il trash senza mai cadervi, restando in bilico tra cinema popolare e film d’autore, sorretta da una colonna sonora molto originale. Le canzoni e le musiche di Nino D’Angelo formano un mix ben composto di sonorità napoletane e sicule, musica melodica come nei suoi vecchi film e disco-music, ma anche rap, rock and roll, samba e tecno. Il compositore napoletano canta un solo pezzo: ’A tammurriata d’’e spioni, che scorre su una carrellata di volti di improbabili pentiti di mafia, ma scrive una serie di canzoni che conferiscono un tono ancor più grottesco alla storia, visto che siamo a Palermo ma la maggior parte dei brani sono cantati nel dialetto napoletano, secondo le regole della sceneggiata. Nino D’Angelo aveva già lavorato con Roberta Torre nel documentario La vita a volo d’angelo, dove recitava la parte   di se stesso. Il dvd di Tano da morire, edito da San Paolo, presenta un extra fondamentale come Appunti per un film su Tano, con tutti gli studi e i lavori di casting compiuti dalla regista prima di mettersi all’opera. Momento cult in un dialogo, che troviamo anche negli Appunti: “La mafia è come la legge, solo che non è autorizzata. Pure la legge fa pagare le cose, le tasse, i servizi. La mafia fa pagare il pizzo, ma è una cosa bellina, perché dopo te ne puoi stare tranquillo e non ti accade niente, anzi, se hai bisogno di qualcosa, trovi degli amici disposti ad aiutarti. Ecco, con la mafia paghi per avere amici”. Un film interessante.

Riportiamo il testo de O’ rap ’e Tano di Nino D’Angelo: Dint’a nu sipario ‘e cielo e mare è/ crisciuto/ sott’o stesso cielo addo’ è nato/ fernuto/ nunn’ è ghiuto a scola miez “a strada/ ‘a studiato/ chello ca sapeva nun se l”eva/ ‘mparato/ ‘o rap ‘e Tano/ Voglio fare il boss diceva da grande/ voglio cumanna’ ‘a vita ‘e tutte quante/ voglio fa’ a cazzotto cu chi nun me/ sente/ voglio sputa’ ‘nfaccia a chi giura e/ se pente/ ‘o rap ‘e Tano/ Rit. Ma comm’era bello Tano mio/ comm’era mafiuso Tano mio/ ma comm’era bello Tano mio/ bello, bello,bello da morire/ Nun ce steva niente ca nun era d”o/ suoie/ si nun ‘o capive erano cazzi tuoi/ salutave ‘a gente comme fosse nu/ papa/ nu cappiello ‘e mafia sempre/ appriesso purtava/ ‘o rap ‘e Tano/ Areto a ‘nu bancone ‘e ‘na macellera/ addo’ nun cagna ‘o tiempo miez”a/ vucciaria/ venneva carne umana sott”a ‘na/ buscia/ ‘a verita’ ‘a sapeva sultant’isso e Dio/ ‘o rap ‘e Tano/ Rit. Ma comm’era bello Tano mio…/ Nun durmeva maie e pircio’ nun/ sunnava/ quanno se ‘ncazzava ‘a Sicilia/ tremmava/ sempe tanta gente int”a macelleria/ pe’ pava’ tangente o pe’ ‘na cortesia/ era assaie geloso delle sue sorelle/ ca pe’ tantu tiempo song”state zitelle/ song”state mamme pe’ stu frato/ ribelle/ ma da quand’è muorto ‘a vita loro è cchiù bella/ ‘o rap ‘e Tano/ Rit. Ma comm’era bello ‘o frato mio/ comm’era mafiuso ‘o frato mio/ ma comm’era bello ‘o frato mio/ bello, bello, bello, da morire…

La critica. Morando Morandini (quattro stelle, tre per il pubblico): “Storia parlata, cantata, suonata e un po’ ballata di Tano Guarrasi, boss palermitano di quartiere ucciso nel 1988 da un sicario dei corleonesi, e delle sue quattro sorelle zitelle. Scritto (con Gianluca Sodaro ed Enzo Paglino) e diretto dalla milanese R. Torre, trapiantata a Palermo nel 1991, interpretato da un centinaio di palermitani non professionisti, è un film dove si mette in musica – non in burla – la mafia, rappresentata dall’interno, partendo dall’immaginario dei suoi personaggi/attori che la sentono come un sistema di valori che ha strutture, necessità, codici, riti. Le musiche e le canzoni del napoletano Nino D’Angelo, la dimensione di sceneggiata, la cultura dei vicoli sono gli strumenti con cui questo sistema di valori – criminali, ma non soltanto – è stato rappresentato in modi critici e, insieme, appassionati. Film impudico e blasfemo che trasforma l’antropologia in spettacolo e comunicazione con una qualità rara nel cinema italiano (europeo): l’energia. Primo premio a Sulmona. Pino Farinotti (tre stelle): “Primo lungometraggio della regista dopo alcuni cortometraggi molto apprezzati in diversi festival. La leggenda di Tano Guarrasi, mafioso di Palermo, ucciso dai corleonesi nel 1988. In chiave grottesca si suppone che Tano abbia deciso di impedire, dall’aldilà, il matrimonio della sorella Franca. Da qui una serie di gag che rimandano a Tati e a Waters, ma senza esserne una copia. Nel film sono inserite canzoni di Nino D’Angelo in stile musical. Divertente satira che riesce a mescolare un argomento mafioso, abusato da televisione e cinema, in una chiave originale. La fotografia è di Ciprì. Apprezzato dal pubblico”. Paolo Mereghetti (due stelle e mezzo): “Una storia vera ma raccontata in forma di musical e interpretata da non attori. In questo modo il film evita i troppi cliché sull’argomento, come la retorica dei buoni e la spettacolarizzazione del crimine, per confrontarsi con la quotidianità della mafia: non ipotesi interpretative ma attenzione antropologica a un mondo sconosciuto su cui tutti credono di sapere tutto (con più di un debito verso l’ultimo Sciascia). In questa logica diventano fondamentali le canzoni e i numeri musicali perché impediscono ogni tentazione intellettuale e danno concretezza al volto surreale e grottesco della mafiosità (Fofi), così come fa la regia reinventando in chiave modernissima procedimenti fuori moda (sovrimpressioni, inserti pop, luci al neon, split screen). Straordinario il lavoro musicale di Nino D’Angelo che ha scelto uno stile per ogni composizione (dalla cerimonia mafiosa alla maniera di Saturday Night Fever alla samba femminista sugli uomini d’onore che dormono a casa e fuori fann’amore, dal Rap ’e Tano alla tammuriata sugli spioni) aggiungendo così nuovo spessore al film. Coreografie di Filippo Scuderi, sceneggiatura del regista con la collaborazione di Gianluca Sodaro ed Enzo Paglino, fotografia di Daniele Ciprì”.

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