Riuscire a scrivere una riflessione, che abbia un senso logico, riferita al teatro, inteso come culla della cultura tra passato e presente, non può prescindere da una breve trattazione di come lo stesso stia vivendo, da un anno a questa parte, il blocco di tutte le rappresentazioni sul palcoscenico. Ma partiamo dalle origini ovvero dal momento in cui nell’antica Grecia, siamo intorno al V secolo a.c., il ruolo delle rappresentazioni teatrali era di fondamentale importanza ed in onore del dio Dioniso. In estrema sintesi il principale obiettivo del teatro era quello di educare gli efebi, letteralmente giovinetti, adolescenti da poco entrati nella pubertà, i quali proprio per favorirne l’educazione avevano un posto di prestigio.
Le rappresentazioni teatrali nella Grecia antica avevano anche una funzione catartica e costituivano un’importante cornice nei giochi olimpici. L’aspetto più importante del teatro, era la capacità di creare una simbiosi tra attori e spettatori i quali andavano a vivere un’esperienza straordinaria che generava il cosiddetto fenomeno della catarsi, da intendersi come una sorta di purificazione dell’anima. Pertanto affermare che il teatro è culla di cultura è esatto, naturalmente lo stesso si è evoluto, cambiando e adeguandosi ai tempi. La presenza e il ruolo del pubblico in platea era di fondamentale importanza e lo è ancora ai nostri giorni ed è confermato da alcune citazioni di uomini di cultura che riporto in questa sede.
Non nasce teatro laddove la vita è piena, dove si è soddisfatti. Il teatro nasce dove ci sono delle ferite, dove ci sono dei vuoti… È lì che qualcuno ha bisogno di stare ad ascoltare qualcosa e che qualcun altro ha da dire a lui. Scriveva l’attore, regista teatrale, drammaturgo e critico francese Jacques Coupeau, fondatore nel 1909 della rivista letteraria Nouvelle Revue Française insieme ad André Gide, Jacques Rivière, Paul Claudel e Jean Schlumberger. Una riflessione pregna di significati che si conclude con un riferimento al pubblico che “ha bisogno di ascoltare qualcosa”. È questo fondamentale e imprescindibile elemento che, nell’anno pandemico che stiamo vivendo, manca, determinando di fatto il blocco di ogni rappresentazione teatrale.
Ed ancora rimanendo sul tema delle citazioni: Quando non c’è il pubblico, è come se all’opera teatrale mancasse un personaggio. Fabrizio Caramagna conosciuto anche come ricercatore di meraviglie, è uno degli autori italiani più citati e conosciuto anche per i suoi aforismi. E come potrebbe essere altrimenti, come dargli torto. Il pubblico in teatro è un elemento essenziale, perché le rappresentazioni perdono parte del loro grado di attrazione, quando sono trasmesse in televisione. Pertanto il pubblico con l’inevitabile fluire di emozioni in sala, diviene esso stesso personaggio. Anche nella citazione di Heiner Müller drammaturgo e poeta tedesco, il pubblico ha un ruolo determinante e fondamentale: Se il teatro ha una funzione è quella di rendere la realtà impossibile. Non mi interessa la riproduzione della realtà sulla scena. Mi interessa al contrario difendere la scena dalla realtà, portare in scena un’altra dimensione, un altro spazio, un altro tempo. Nell’ottenere questa distanza dalla realtà, c’è una sorta di godimento, un vero e proprio divertimento. Si tratta di togliere gli spettatori dalla realtà in cui vivono per fargliene vedere un’altra.
Ho ritenuto opportuno per completezza d’informazione, dare voce a chi oggi ama e fa teatro, cominciando da Gisella Campagna amante del teatro: “Il teatro, come dal noto significato etimologico legato al greco theaomai (θεάομαι), guardo, è la piu’ antica e ancestrale arte, il piu’ bel modo per guardare e guardarsi dentro: gli spettatori dunque, parte essenziale in questo gioco di specchi, non possono che ravvisare negli attori quelle persone, quei brani di vita che appartengono a tutti quanti, che sono la vita stessa. Poiché ben altri prima di me ribadiscono che la finzione teatrale è più vera della stessa vita, come non piangere in questa pandemia per la necessaria e brusca chiusura dei teatri e di ogni forma di simile luogo? Ormai da un lungo anno è come se gli attori professionisti o amatoriali, come la sottoscritta di tanto in tanto, avessero appeso al muro le maschere, i personaggi da loro interpretati, e avessero invece messo un bavaglio. Ci manca tanto il teatro, aspettiamo la vicina primavera, che immancabilmente arriva dopo un rigido inverno”.
La scrittrice e attrice teatrale palermitana Myriam De Luca dice per il nostro sito d’informazione: “Il teatro non è un accessorio ma il luogo del pensiero, del sentimento e dell’emozione. In questo periodo in cui tutti viviamo come atomi vuoti sospesi nello spazio cosmico, la chiusura dei teatri ha privato sia gli artisti sia il pubblico di uno stimolo emotivo essenziale per alimentare e rigenerare il nostro spirito e la nostra mente”.
Infine dice il regista e drammaturgo palermitano Alberto Cordaro: “La nascita del teatro coincide con l’esigenza umana di rappresentarsi, di riconoscersi nelle molteplici forme che la materia può offrire. Nel suo insieme, il teatro è un non luogo che contiene tutti i luoghi del sentire. Da tali premesse è nata l’esigenza di un teatro espressivo che pone l’attenzione sulla teatralità intrinseca che ogni individuo si porta dentro. Un bisogno di riappropriarsi del proprio tempo, di viversi, superando le sovrastrutture che la società crea. Il teatro espressivo, come quello delle origini, si sviluppa come valore di una catechesi laica che riconduce alla parte più autentica della persona. In questo particolare momento drammatico della nostra storia, il teatro, defraudato del suo sistema performativo originale e del contatto diretto con un pubblico di riferimento, riveste più che mai la sua forma originale di ricerca e sperimentazione. Nella lunga notte della cultura: ogni operatore teatrale, ogni maestranza, ogni singolo interprete, ha la responsabilità di mantenere vivo il proprio impegno e la propria parola, affinché non ci si abitui al silenzio delle scene. Il teatro: una grande occasione di vita”.
Il mio augurio è che presto le restrizioni dovute all’evento pandemico possa dissolversi come acqua che diviene vapore, perché scaldato dal sole della speranza e del ritorno alla normalità, magari con una maggiore attenzione verso una forma artistica che, come abbiamo visto, affonda le sue origini nella notte dei tempi.