Danzatrice erotica di professione ha l’abitudine di uccidere gli uomini per cui si esibisce. La ragazza ha una placca di titanio nel cranio in seguito a un incidente stradale che le regala una ferocia inaudita. Le performance di Alexia la costringono a cambiare identità e fingersi il figlio scomparso di un pompiere in preda alla tristezza. Arrivata nella sua nuova vita gli omicidi riprenderanno.
Arriva sugli schermi italiani Titane , ultima palma d’oro al festival di Cannes. Il film della regista Julia Ducournau è una novella orrifica che arriva direttamente ai sensi dello spettatore. Attraverso un sapiente uso delle contraddizioni narrative, la regista riesce a creare una sensazione di curioso spavento. I personaggi in antitesi (la protagonista e il pompiere) saranno destinati a un incontro che sancirà quel cambiamento necessario ad Alexia per continuare a esistere.
Attraverso dialoghi quasi assenti e una forza visiva notevole Titane procede con di cambi di ritmo, spesso poco credibili, che evocano il cinema del primo Cronemberg trasformandolo in altro. La regista riesce a condensare erotismo e design mettendo in scena qualcosa di completamente differente dal cinema usuale. Un film che non presuppone alcuna logica ma prova a elevarsi ad opera d’arte fuori dagli eventi stimolando i sensi.
Vincent Lindon nel ruolo del pompiere è un uomo incapace di accettare il suo passato quanto lo è Alexia (interpretata da una silenziosa Agathe Rouselle) schiava dei suoi istinti e desiderosa di cambiare prospettiva di vita. Sicuramente un cinema difficile ma per questo meritevole di un approfondimento fosse solo per l’affascinate composizione delle immagini.
La Ducournau riesce a stupire attraverso l’azzardo di un linguaggio del tutto personale creando qualcosa dai molteplici significati. In Titane coesistono necessità, solitudini e generi. Una donna costretta a diventare uomo e un padre che vuole credere all’incredibile per una storia che è soprattutto ricerca di una serenità perduta.