“Token battericida materiale poetico di sintesi originale”, edito da Ades Edizioni, è l’eccezionale sperimentazione poetica di Antonio Liotta, arricchito dall’intervento critico di Rino Garraffo.
Voglio chiarire subito che Antonio Liotta è una persona a cui sono legata da profonda stima e amicizia, ma vi garantisco che quello che scriverò in questa recensione corrisponde al frutto di un’analisi accurata e attenta della sua opera.
L’autore ha svolto, e svolge, un’attività professionale brillante sotto ogni punto di vista. Vanta decine e decine di premi e riconoscimenti, targhe e medaglie. Ed anche una benemerenza, quella conferita dalla sua città, Favara. Ma Antonio Liotta, medico anestesista, poeta, scrittore, fondatore della Casa Editrice “Medinova”, è soprattutto per tutti l’amico Antonio, sempre disponibile, pronto a sostenere chiunque abbia bisogno del suo aiuto o del suo supporto. Direi proprio un uomo d’altri tempi, un gentiluomo e un vero “signore”.
Alberto Asor Rosa critico letterario, storico della letteratura, saggista, accademico e politico italiano, a proposito della poesia, sosteneva che: “Una grandissima parte dell’uomo non può essere detta. La poesia cerca di dire quello che non si può dire. È una scommessa rischiosa, che nessun sistema dell’informazione potrebbe accettare (…). Così, la poesia è mettere in parole quello che, a rigore, non può essere messo in parole”. Questa, secondo me, è la citazione che rappresenta la raccolta poetica di Antonio Liotta.
L’autore ha compreso come la società moderna, legata al consumismo e senza tempo, ha bisogno di una tipologia di poesia completamente nuova, capace di possedere nuovi codici di comunicazione e di linguaggio. In Token troviamo l’espressione della realtà del pensiero, manifestata attraverso il segno linguistico. Di fatto, il segno linguistico in sé è una struttura astratta e, a questo proposito, Ferdinand De Saussure ha introdotto l’opposizione tra “langue e parole”. Binomio che si adatta perfettamente al lavoro di Liotta.
La “langue” è costituita dal codice di regole e di strutture grammaticali che ogni individuo assimila dalla comunità storica in cui vive, senza poterle alterare. La “parole” è invece il momento individuale, mutevole e creativo del linguaggio, il modo cioè con cui il soggetto parlante “Utilizza il codice della lingua in vista dell’espressione del proprio pensiero personale”. Entrambe sono strettamente correlate e Liotta questo lo ha compreso e lo ha applicato nelle sue poesie. L’autore in maniera magistrale ha reso i suoi versi originali attraverso: una sintassi destrutturata, innumerevoli figure retoriche e, tra tutte quelle presenti, prevalgono la similitudine e l’anafora. Insomma, un mosaico linguistico, un quadro visivo, un flusso di forme particolari.
Questa tecnica porta il lettore ad andare oltre i segni per raggiungere, attraverso le immagini, le situazioni descritte dall’autore e ci mostra apertamente come Liotta, prediliga la “parole” alla “langue”. Tocca a noi dover ricreare nella nostra mente ciò stiamo percependo, durante la lettura e l’osservazione, in maniera soggettiva.
Una poesia che vuole lanciare un messaggio pedagogico – sociale dove l’autore, con estrema ironia, ci presenta Token come un prodotto commerciale. Sì, proprio come un nuovo battericida poetico che si propone di cambiare il metodo della poesia tradizionale.
Il testo è fruibile da tutti e, a mio avviso, anche dagli studenti che amano tanto i simboli e adorano fantasticare su tutto ciò che si presenta sotto forma di figure. Nell’era delle emoticon, delle gif e delle emoji, questa silloge è davvero uno strumento adatto ai giovani.
Insomma, un bellissimo esempio di poesia che coinvolge i sensi del lettore, producendo un’interazione magica tra parole, figure e personificazioni. Pagina per pagina ho ripensato al fonosimbolismo, tecnica cui ricorre Giovanni Pascoli, e alla poesia futurista in cui sono presenti i suoni e gli spazi bianchi, tanto amati da Liotta.
Mi complimento con Antonio e ricordo, a quanti non ne fossero a conoscenza, che tre poesie visive sono in mostra permanente al Museo Danisinni di Palermo.
Infine, ringrazio Antonio perché, oltre ad essere riuscito a coniugare perfettamente parole e immagini, ha lanciato un messaggio per me davvero importante: la poesia riacquisterà il suo potere quando l’uomo si sentirà libero di esprimere la sua creatività, le sue idee, i suoi pensieri e la sua fantasia. Gli schemi ci imprigionano, ci impediscono di sognare e questa è una verità inconfutabile.