Trappola per un lupo è importante nella vita di Laura Antonelli perché segna l’inizio ufficiale della relazione con Jean-Paul Belmondo, già conosciuto sul set de Gli sposi dell’annosecondo di Jean Paul Rappeneau e Senza movente di Philippe Labro. Per assurdo è l’ultimo film in cui i due attori compaiono insieme, esce in Francia il 29 settembre 1972, mentre in Italia dobbiamo attendere il 23 dicembre. Claud Chabrol sceneggia il romanzo di Hubert Monteilhet (Muertre à loisir) insieme a Paul Gegauff in chiave di commedia grottesca con risvolti thriller – noir che poco si conciliano al contesto generale. La storia è costruita su misura per Belmondo, nel consueto ruolo da sciupafemmine con sigaretta alla Lucky Luke ben piantata tra le labbra. Il divo francese è il dottor Paul Simay, un medico di provincia che fin dai tempi dell’università si diletta a sedurre donne brutte. Finisce per sposare – per interesse – Christine Dupont (Farrow), figlia di un ricco e affermato professore universitario (Lecourtois). Va da sé che quando entra in scena la sorella Martine (Antonelli) il bel seduttore tradisce la moglie a più non posso, anche se la consorte non è da meno con il dottor Berthier (Ivernel). Non solo, moglie e amante mettono in piedi un meccanismo criminale da coppia diabolica per far credere a Paul di essere rimasto paralitico e impotente a causa di un simulato incidente stradale. Il marito tenta il suicidio, ma viene salvato dal provvidenziale intervento di un’inserviente, che introduce un assurdo finale in commedia con corredo di tresche tra moglie e marito. Tra le curiosità reperite in rete diciamo che una locandina di Trappola per un lupo appare in Munich di Steven Spielberg. Non ci troviamo di fronte al miglior film di Chabrol, un lavoro irrisolto, poco omogeneo che manca di uniformità. Trappola per un lupo comincia come una commedia grottesca molto francese, modificata in black-comedy britannica, con intermezzi da commedia sexy e pochade, per subire una brusca virata in thriller che stona con il resto della storia, quindi tutto torna sui binari della commedia. La storia è raccontata quasi completamente in flashback, con ricorso a parti oniriche, girata in piano sequenza e primi piani, con bella fotografia francese e tunisina. Ottimi gli attori, da un Belmondo in gran forma nei panni del medico seduttore, a Mia Farrow che accetta di farsi imbruttire (denti in fuori e occhialoni), a una splendida Laura Antonelli che sprizza sensualità da tutti i pori. Marlène Appelt è una conturbante sexy infermiera che si prende cura di Belmondo nelle sequenze ambientate in una stanza d’ospedale. Ottima l’ambientazione africana con ampia rappresentazione delle usanze tunisine, tra cus-cus, minareti, deserto, mercati e dromedari. Il film presenta un tono comico – erotico molto sopra le righe, da commedia nera, quando esplode la passione tra Paul e Martine e il primo fa fuori – in maniera rocambolesca – tutti i pretendenti della seconda. Diverse scene di nudo integrale mostrano Laura Antonelli in tutta la sua bellezza, mentre va ricordata la mirabile parte onirica con Belmondo di fronte al tribunale della sua coscienza. Poco comprensibili la virata in thriller con il tentativo di suicidio, il ritorno a toni da commedia e un improbabile lieto fine. Una parte da giallo torbido, puro cinema della vendetta con accenni di lacrima movie, per niente in sintonia con il contesto.
La critica alta è fin troppo generosa. Paolo Mereghetti concede due stelle e mezzo: “Una commedia con venature gialle che affronta con una certa volgare spregiudicatezza il tema chabroliano della vita di provincia e delle sue miserie nascoste”. Morandini concede due stelle, vede un film drammatico (sic!) ed esprime un commento abbastanza appropriato: “Un film qualunque al servizio di Belmondo, gigione abbronzato, di convenzionale cattiveria”. Pino Farinotti esagera concedendo addirittura tre stelle.
Claude Chabrol (Parigi, 1930 – 2010), nonostante questo film resta un grande regista, sceneggiatore e attore francese, uno dei padri fondatori della Nouvelle Vague, insieme a Truffaut, Godard, Rivette e Rohmer. Comincia come critico cinematografico, collabora ai Cahiers du Cinéma, pubblica con Eric Rohmer un libro su Alfred Hitchcock e – nel 1958 – fonda insieme a Jacques Rivette una casa di produzione cinematografica con i soldi della prima moglie, Agnès Marie-Madeleine Goute. Il suo debutto dietro la macchina da presa è Le beau Serge (1958), prima opera della Nouvelle Vague, cui segue I cugini (1959), Orso d’Oro a Berlino. Il pubblico si entusiasma per i suoi film più commerciali: La tigre ama la carne fresca, sceneggiato insieme alla seconda moglie, Stéphane Audran. Ricordiamo: Landru (1963), Les biches (1968) e alcune pellicole critiche sulla borghesia di provincia, come Trappola per un lupo. Molto importante l’incontro con l’attrice Isabelle Huppert, che diventa una delle sue interpreti preferite. Ultimi film: La damigella d’onore (2004), L’innocenza del peccato (2007), Bellamy (2009). Claude Chabrol è il cantore critico della provincia francese, il fustigatore di un conformismo borghese che copre un mare di vizi, tradimenti e rancori.