“Un altro ferragosto”, con i vecchi intellettuali ormai irrimediabilmente radical-chic

Articolo di Gordiano Lupi

Torni dal cinema dopo aver visto Un altro ferragosto di Paolo Virzì e ti chiedi se certi autori frequentano il cinema europeo, cose come Perfect Day o The Holdovers, per capire se prima di scrivere un film si confrontano (anche con loro stessi), se non pensano che possa essere di cattivo gusto imbastire storie basate su sequenze imbarazzanti, personaggi poco credibili e morali preconfezionate. Interrogativi retorici che si perdono nell’inquietudine del post visione di un nuovo prodotto trash dopo Siccità e (in parte) Notti magiche, lavori irrisolti e incomprensibili, pseudo intellettuali, per niente comici, ben girati da un punto di vista formale, ma senza alcun guizzo geniale di sceneggiatura. Com’è che non riesci più a volare?, mi pare di sentire la canzone di De Andrè in sottofondo, mentre i cafoni diventati supercafoni nel nuovo film di Virzì incontrano i vecchi intellettuali ormai irrimediabilmente radical-chic, tutto intorno comincia la fiera del luogo comune con le sorrentinate pronte a cedere il passo alle fellinate in un crescendo rossiniano basato su chi la spara più grossa. Non si trovano categorie critiche per definire l’ultimo film di Virzì, ve lo dice uno che ha amato La bella vita e idolatrato La prima cosa bella, si può parlare solo di estetica del brutto, television-movie confezionato con dialoghi burini, commedia corale con un solo personaggio riuscito, farsa che non fa ridere se non quando vorrebbe far pensare, ma è un riso involontario. Non puoi fare Scola se non sei Scola. Non puoi fare Fellini se non sei Fellini. Virzì e Bruni avevano inventato una via originale per la commedia popolare. Peccato che l’abbiano irrimediabilmente smarrita. Veniamo al film, cercando un minimo di analisi ponderata.

Un altro ferragosto vorrebbe attualizzare lo scontro tra intellettuali di sinistra e cafoni di destra già presente in Ferie d’agosto (1996), ventotto anni dopo, con i Molino e i Mazzalupi che tornano a Ventotene, sul luogo del primo incontro – scontro. Sandro (Orlando) – unico personaggio riuscito che regala momenti di pura poesia – è in fin di vita e parla solo con il nipotino raccontando la storia dei confinati di Ventotene; il figlio Altiero (Carpenzano) è sposato con un ragazzo e vorrebbe riuscire ad avere quel dialogo con il padre che non è mai riuscito a intavolare; la madre (Morante) è sempre più svampita e cerca un amore impossibile mentre il marito sta morendo. La famiglia Mazzalupi, invece, festeggia le nozze di Sabry, divenuta influencer, con un arrampicatore sociale burino che ha costruito la sua immagine. In questo splendore di soggetto brillano la fotografia naturale di una stupenda Ventotene e la grande abilità registica di Virzì dietro la macchina da presa. La sceneggiatura dei fratelli Virzì con la collaborazione di Francesco Bruni regala momenti magici solo quando è in scena il personaggio di Sandro con i flashback dei ricordi storici di Ventotene, i suggestivi bianco e nero, le parti oniriche … tutto il resto è da dimenticare. La famiglia Mazzalupi è descritta con toni da fiction televisiva della peggior qualità, con punte minime quando è sotto i riflettori Cesare (Marchioni) che parla per frasi fatte e per luoghi comuni, ma anche l’ingegner Masciulli (De Sica) e Marisa (Ferilli) escono dal racconto con le ossa rotte. Davvero patetica Daniela (Fanelli), ex moglie di Cesare che segue il compare in una losca truffa e capita per caso in un cinema all’aperto per recitare un assurdo (quanto incredibile) proclama al microfono. La morale del film, gettata in faccia agli spettatori, è che noi italiani siamo messi male, abbiamo perso il rispetto per noi stessi e non sappiamo neppure che cosa sia la vera cultura. In parte lo sapevamo, ma il mondo messo in scena da Virzì è abbastanza distante dalla realtà, non neghiamo che esistano personaggi squallidi, ma qui sguazziamo alla grande nella parte peggiore di un certo mondo, in ogni caso raccontato malissimo, per stereotipi, sia quando si parla di omofobia che di cultura, passando per il tema amoroso e per l’impegno politico. Centoquindici minuti di pellicola per narrare una storia che non decolla mai, il niente su celluloide, la rappresentazione dello squallore italico tramite macchiette poco elaborate. La pellicola gode del contributo del Ministero della Cultura che potrebbe impiegare meglio i soldi pubblici per finanziare giovani autori senza denaro ma con idee interessanti che vanno oltre il becero qualunquismo. Della serie: quando vuoi far commedia alta, con pretese, e invece scadi nella farsa involontaria. Credevamo che il nuovo incontro Virzì – Bruni portasse linfa vitale al povero cinema italiano, vista la genialità dei due autori, invece registriamo soltanto l’ennesima occasione perduta. Film da evitare, ma vista la promozione in atto su vasta scala so che non lo farete.

Regia: Paolo Virzì. Soggetto: Paolo Virzì, Carlo Virzì. Sceneggiatura: Paolo Virzì, Carlo Virzì, Francesco Bruni. Fotografia: Guido Michelotti. Montaggio: Jacopo Quadri. Musiche: Battista Lena. Scenografia: Sonia Peng. Costumi: Catherine Buyse Dian. Case di Produzione: Lotus Production, Leone Film Group, Rai Cinema (con il contributo del Ministero della Cultura). Distribuzione (Italia): 01 Distribution. Lingua Originale: Italiano. Paese di Produzione: Italia, 2024. Durata: 115’. Genere. Commedia (?). Interpreti: Silvio Orlando (Sandro Molino), Sabrfina Ferilli (Marisa), Christian de Sica (Pierluigi Nardi Masciulli), Laura Morante (Cecilia Sarcoli), Andrea Carpenzano (Altiero Molino), Vinicio Marchioni (Cesare), Anna Ferraioli Ravel (Sabrina “Sabry” Mazzalupi), Gigio Alberti (Roberto), Agnese Claisse (Martina Santucci), Lorenzo Nohman (Tito), Paola Tiziana Cruciani (Luciana Mazzalupi), Claudia Della Seta (Graziella), Emiliano Bianchi (Ivan), Emanuela Fanelli (Daniela), Lorenzo Fantastichini (Massimo Mazzalupi), Noah Vallone (Ruggiero Jr), Liliana Fiorelli (inviata TV), Raffaella Lebboroni (Betta), Laura Rauch (Ursula Hirschmann), Milena Mancini, Maria Laura Rondanini (Maria Luisa), Ema Stokholma (Gaia), Lele Vannoli (carabiniere), Suamy Zangrilli (commessa), Lorenzo Balducci (onorevole Corchiani), Silvio Vannucci (Mauro Santucci), Rocco Papaleo (brigadier Pampiglione), Lorenzo Nohman (Tito), Angelica Tuccini (Sveva).

Related Articles