Il 21 luglio di un anno fa, alle ore 9.30 le agenzie di stampa battevano la notizia della scomparsa del professore Luca Serianni. Il professore Serianni è un accademico di fama internazionale, professore emerito di Storia della lingua italiana all’Università «La Sapienza», un maestro della Grammatica, della Lingua e linguistica italiana.
Un uomo innamorato della parola. Alla parola, il professore Serianni, dedica, un piccolo, solo 160 pagine, ma grande libro. La «parola dà il nome a tutto ed è un dono. Un vocabolo affascinante dai numerosissimi significati». Un saggio che esplora, con intelligenza, finezza d’animo e d’intelletto, tutti i suoi significati in «un racconto che va dalla parola di Cristo alla parola d’onore, dalle parole alte della poesia e della letteratura a quelle «basse», le parolacce, che sempre più passano dal parlato quotidiano alla pagina a stampa. E poi ancora le parole inventate come il sarchiapone, quelle ormai «ingiallite» come buonalana, o quelle nuovissime che si usano forse troppo come selfie».
In ogni suo libro (Storia della lingua italiana, a cura di L. Serianni e P. Trifone, 3 voll.; Prima lezione di grammatica; Prima lezione di Storia della lingua italiana; Il verso giusto. 100 poesie italiane; Parola di Dante e tantissimi altri) incastona l’amore e la passione per la parola, per la lingua, per l’Uomo.
I suoi volumi sono un percorso prezioso e obbligato per capire la storia e l’evoluzione della nostra lingua e del nostro Paese con i suoi usi e costumi.
È cifra caratteristica della scrittura del professore Serianni la trasparenza della sua sapienza e saggezza che semplicemente, ma con maestria, infonde in chi lo ascolta, in chi lo legge.
Nelle pagine e nelle pieghe delle parole dal professore Serianni scritte e insegnate riluce la virtù della sapienza che deve essere a fondamento della nostra etica di studenti, studiosi, insegnanti, impiegati, ecc.
In questo tempo dell’incertezza, della paura, l’esempio di vita e di studio del professore Luca Serianni ci invita a riflettere e a orientare il nostro agire sulla via della «virtute e canoscenza».
La parola ci insegna il professore Serianni è «un dono». Le «parole riflettono fedelmente il meglio e il peggio dell’essere umano» (L. Serianni, Parola, p. 10). La sua saggezza è davvero un serbatoio linguistico, ma non solo, che ci aiuta copiosamente e consapevolmente ad avere cura delle parole e ad adempiere alla sua volontà e desiderio di vivere e lavorare con «disciplina e onore».
Nel suo articolo di commiato, per l’«Avvenire», il professore e Presidente della Società Dante Alighieri Andrea Riccardi scrive «Serianni è stato un uomo umile, ma per nulla mediocre. Ha mostrato come la grandezza di un intellettuale si rivela nell’intreccio tra scienza e sapienza […] Nell’insegnamento ha dato tutto sé stesso […] Serianni è stato un maestro in questo nostro tempo spaesato che perso i maestri, ha bisogno di riscoprirli […] Serianni, ricco di cultura, di riconoscimenti accademici, stimato conferenziere, autore di testi di successo, era un uomo povero e semplice: sì di una povertà francescana. Non abitava nei quartieri pregiati della capitale, che segnano anche uno status oltre a offrire comodità maggiori, ma era sempre rimasto nella periferica Ostia, dove ha insegnato a scuola da giovane e dove è morto, investito – come purtroppo troppi a Roma – da una guidatrice distratta […} La sua lezione si lega alla testimonianza umano-cristiana nel valore della parola, parola degli uomini e delle donne, parole dei profeti, parola di Dio».
Il professore Serianni, un uomo della parola ci in-segni a ritrovare la forza di comunicare e vivere il dono della parola. Essa raffini, educhi le nostre intelligenze, le nostre penne, le nostre azioni.