Una banana appesa al muro

Articolo di C. Alessandro Mauceri

Una banana attaccata a un muro è stata venduta all’asta per 6,2 milioni di dollari. Una cifra spaventosa, al limite dell’immorale per un oggetto che non può essere definito “opera d’arte”. Almeno secondo il concetto comune di “opera d’arte” che fa riferimento ad una creazione che dovrebbe comportare una funzione primariamente “estetica”. A prescindere dalla possibilità di definire “artista” chi ha avuto l’idea di appiccicare con del nastro telato una banana ad una parete, un’ “opera d’arte” dovrebbe essere una forma di espressione che “ha come fine la bellezza e come mezzo la tecnica”. Ma in questo caso è difficile trovare sia l’una che l’altra.

Secondo Artsper, “da tempo si ritiene che un’opera d’arte debba essere un pezzo unico creato o plasmato da un artista (siano essi pittori, scultori, fotografi o designer) dimostrando le qualità di quest’ultimo”. Ma anche sotto questo punto di vista, quello che è stato venduto all’asta (è ancora controversa la questione su come definirla) da Sotheby’s difficilmente potrebbe essere definito “opera d’arte”. A mancare sarebbe anche il principio di unicità e di durata: la banana si deteriorerà in pochi giorni, al massimo in qualche settimana. E il fatto che l’autore abbia detto che potrebbe essere sostituita, la “nuova” banana non sarebbe più la stessa …banana. E quindi l’oggetto finale potrebbe non essere più un’ “opera d’arte”.

Tutto questo non ha impedito a questa “cosa” di essere venduta all’asta da Sotheby’s ad un prezzo molto al di sopra delle aspettative: il prezzo di partenza era 800mila dollari e la stima massima pre-vendita si aggirava intorno a 1,5 milioni di dollari. Invece, quando il martello ha colpito per tre volte di seguito il banco, il prezzo complessivo è stato di 6,2 milioni di dollari.

Ad accaparrarsi il “capolavoro” pare sia stato un noto “imprenditore” di cripto-valute. Il quale ha pagato in cripto-valute e avrà il compito di sostituire la banana mentre marcisce, secondo Artnet.com. “Questa non è solo un’opera d’arte”, ha dichiarato a Sotheby’s il nuovo proprietario della banana. “Rappresenta un fenomeno culturale che collega i mondi dell’arte, dei meme e della comunità delle cripto-valute. Credo che questo pezzo ispirerà più riflessioni e discussioni in futuro e diventerà parte della storia”. In effetti, c’è qualcosa che accomuna la “cosa” venduta all’asta da Sotheby’s alle cripto-valute: è il fatto di essere effimera e senza alcun legame con la realtà.

Molte delle opere di Cattelan, l’autore della… banana appesa al muro…, finora sono state messe all’asta a prezzi ben diversi (chi volesse farsi un’idea può consultare il sito cattelan – Artnet Artworks Search ). Niente di paragonabile al risultato dell’ultima asta di Sotheby’s. Anche il valore della cripto-valuta forse più famosa, il bitcoin, oggi è alle stelle. Un bitcoin quasi 100mila euro (93.063,42 euro per un bitcoin). Eppure solo un anno fa la quotazione era 33.761,57 dollari. Il valore è triplicato in un anno. E pensare che quando è stato introdotto per la prima volta, nel 2009, ogni moneta valeva …0. La prima transazione commerciale documentata della cripto-valuta è stata l’acquisto di due pizze per 100.000 bitcoin.

Oggi, il suo valore è superiore al PIL di un piccolo paese. Una cifra astronomica. Specie se si pensa che, alle sue spalle, non c’è niente di concreto, di reale. Ma soprattutto che non esistono regole per l’uso delle criptovalute a livello globale. Ogni paese (o gruppo di paesi) sembra poter fare di testa propria. In Europa, lo scorso 20 aprile il Parlamento europeo aveva approvato formalmente la normativa MiCA, per l’entrata in vigore è necessaria l’approvazione finale del Consiglio europeo. Negli Stati Uniti non esisterebbe una legislazione specifica dedicata esclusivamente alle cripto-valute. Nel Regno Unito (come in altri paesi) ci si è concentrati principalmente sul problema della tassazione (l’HMRC è responsabile delle tasse relative alle cripto-valute) e, alla fine del 2023, la FCA ha introdotto la sua regola di viaggio sulle transazioni in cripto-valute. Ci sono state anche discussioni sulla regolamentazione delle cripto-valute viste come prodotti di gioco d’azzardo, ma la proposta è stata respinta dai legislatori britannici.

Gli esperti di finanza definiscono le cripto-valute un asset “volatile”. Ma abbastanza reale per consentire al suo ideatore Satoshi Nakamoto, di avere un patrimonio stimato di molte decine di miliardi di dollari. Un patrimonio che farebbe di lui la decima persona più ricca del mondo, secondo la classifica di Forbes.

Una ricchezza enorme basata su quella che, nel 2017, il CEO di JP Morgan, Jamie Dimon, definì una “frode” e il leggendario investitore azionario Warren Buffet un “token di gioco d’azzardo” senza “alcun valore intrinseco”. Non è un caso se il governo cinese, nel 2021, ha imposto un divieto assoluto sulle cripto-valute. Ciò nonostante, il valore delle cripto-valute continua a crescere in modo impressionante: secondo uno studio di Crypto.com sarebbero oltre 106milioni le persone con hanno un’esposizion considerevole in cripto-valute. E c’è chi, investendo in qualcosa che è per definizione “virtuale”, quindi praticamente inesistente, è diventato così ricco da potersi vantare di aver pagato 6,2 milioni di dollari una banana appesa al muro…

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