Una spiegazione per tutto è un film ungherese – coprodotto con la Slovacchia -, diretto da un regista al suo terzo lungometraggio (Gábor Reisz), sceneggiato con Éva Schulze, realizzato senza alcun aiuto di Stato, in soli venti giorni, presentato alla Mostra di Venezia, dove vince il Premio Orizzonti come miglior film. Un film critico nei confronti del regime di Orban e dei suoi sostenitori, ma che non fa sconti a nessuno, non racconta la storia in modo manicheo separando con un colpo netto i buoni dai cattivi. Tutti i personaggi del film sono un coacervo di difetti umani, anche il professore di sinistra che odia il regime e non riconosce i ministri come suoi rappresentanti, perché alla prova dei fatti è un marito assente e un pessimo padre, preso com’è a idolatrare se stesso. La storia è molto semplice, racconta la bocciatura del giovane Abel (studente tutt’altro che modello) agli esami di maturità che fa scena muta durante la prova di storia, attribuita per comodità alla presenza di una coccarda (simbolo nazionalista) sulla giacca, che avrebbe infastidito il professore di sinistra. Uno scandalo giornalistico montato ad arte permette al ragazzo di ripetere l’esame, con grande disappunto del professore che discute con il padre dell’alunno, convinto nazionalista. Dietro la scena muta di Ábel ci sta (forse) un grande amore non corrisposto, l’odio che il ragazzo prova nei confronti del professore, non certo politico, ma da innamorato respinto, perché si è accorto che la ragazza del suo cuore è innamorata del docente. Da questa storia di vita quotidiana viene fuori un veridico spaccato di vita ungherese fatto di storia passata, lotte per l’indipendenza, dominazione nazista e sovietica, fino all’attuale governo nazionalista. Il regista è così bravo da non costruire un film politico a progetto per diffondere un’idea, ma caratterizza molto bene i personaggi rendendoli veri e concreti, non semplici macchiette a uso e consumo di un discorso precostituito. Regia ispirata e tecnica compiuta, a base di macchina a mano e soggettive, con panoramiche sulla città di Budapest e un finale stupendo sul lago; fotografia color ruggine che si presta al racconto; colonna sonora sinfonica, gelida e cupa, con brani scelti dal regista; montaggio compassato. Una spiegazione per tutto è cinema vero, importante e impegnato a comporre un discorso politico senza rinunciare a raccontare una storia ricca di colpi di scena. Consigliata la visione senza mezzi termini.
Regia: Gábor Reisz. Soggetto e Sceneggiatura: Gábor Reisz, Éva Schulze. Fotografia: Kristóf Becsey. Musica: Gábor Reisz, Kálmán András. Costumi: Rebeka Hatházi. Produttori: Mátyás Prikler, Júlia Berkes. Genere: Drammatico. Paesi di Produzione: Ungheria / Slovacchia, 2023. Durata: 128’. Distribuzione (Italia): I Wonder Pictures. Interpreti: Adonyi-Waish Gáspár (Ábel), István Znamenák (György), András Rusznák (Jakab), Rebeka Atházi (Erika), Eliza Sodró (Dorka), Lilla Kizlinger (Janka), Krisztina Urbanovits (Judit), Dániel Király (Balázska), Gergely Kocsis (Csángó Márton), Tomás Fodor (Hargitay Elemér), Péter Tarján (Dr. Vári), Zsuzanna Szager (Anikó), Péter Szeiler (Vajk), Tóht Péter (Maklári), Tünde Bacskó (Márta), Bálint Szimler (Magis).