Anno domini 2022 dopo Cristo, Italia, estate, sole, mare e mandolino. La Repubblica Italiana va al voto a settembre e fa (per la prima volta nell’era repubblicana) una campagna elettorale estiva (luglio, agosto e settembre). Orbene, già questa è una eccezionalità. Se a questo uniamo la straordinaria incapacità dei nostri politici a tenere i piedi per terra, in campagna elettorale il risultato oscilla tra lo stravagante, lo stucchevole ed il tragico (passando, talvolta, dal comico). Il politico italiano, del XXI secolo, non riesce a frenare il proprio “libro dei sogni” quando si tratta di promesse elettorali. La frase è sempre la stessa: noi faremo, noi riformeremo, noi, noi, noi… Tutte le possibili ipotesi di vero e proprio sogno vengono esplorate. Senza remore e, verrebbe da dire, senza vergogna. Poi dalle opposte fazioni (con più Capi popolo o popolino) ci sono “insulti” e/o insinuazioni reciproche più o meno pesanti, più o meno velate. Il tutto come fosse uno scontro tra “titani”, ma in realtà, siamo sempre più di fronte ad uno scontro tra “nani”. Nani della politica che non riescono a proporre, ma solo a puntare il dito nei confronti dell’avversario (per alcuni, addirittura, un “nemico”) e per esaltare la propria capacità in ragione della “povertà” altrui.
Non una sana riflessione sul da fare, un programma lineare e coerente, ma una vera e propria autoassoluzione in ragione delle “colpe” o “vizi” altrui. Si è migliori non per oggettività, ma si è migliori per “incapacità dell’altro” o per “impresentabilità”. Non si fa politica, ma si fa “propaganda”, si fa pubblicità comparativa priva di ogni e qualsiasi riscontro o remora. Non c’è il rispetto dovuto all’avversario politico, ma c’è la demonizzazione, il dileggio, l’offesa dell’altro. In tutta questa “baraonda” ogni parte (o particina) politica prende spunto dalla cronaca per indicare come di certi fatti siano responsabili gli avversari. Non è da ora che la cronaca è presa a spunto per la battaglia politica, ma adesso questo è diventato cronico e patologico. Il tutto avviene tra luglio, agosto e parte di settembre, mesi che l’italiano medio (elettore) usa per riposarsi ed estraniarsi dalle routine quotidiana con una cosa che si chiamano: ferie o vacanze. Le “ricette” delle diverse parti politiche, a quel punto, non si sa se saranno prese in esame sotto l’ombrellone o se sotto l’ombrellone gli italiani si porteranno i tesi di De Gasperi, di Moro, di Nenni o di Einaudi o di qualche altro statista vero. Oppure, addirittura, di filosofi come Rousseau o Voltaire. Se l’elettore facesse ciò, oltre a comprendere meglio le distanze siderali tra i nostri politici (non tutti, per fortuna) e le letture intraprese comprenderebbe anche il vuoto dei ragionamenti proferiti dai primi.
Ma vi sono due insegnamenti che i politici attuali (non tutti) sembrano non conoscere. Uno proviene da Voltaire, il quale sosteneva che la democrazia era quella cosa che permetteva a tutti di esprimere il proprio parere e che il vero democratico vuole che il suo avversario possa esprimere il proprio pensiero per confrontarsi e per ragionare in via dialettica. L’altro non meno importante viene da De Gasperi, il quale sosteneva che il politico non deve mai promettere cose che non potrà realizzare e che deve, semmai, misurare in difetto le promesse elettorali. Ecco, questi due insegnamenti sono del tutto sconosciuti a questi politici da sondaggio settimanale e, francamente, costoro non hanno capito che alle prossime elezioni vi sarà un solo partito che le vincerà di sicuro: il partito dell’astensione per disaffezione. E l’astensionismo non è per indecisione, ma per incapacità dei politici attuali di dare risposte pragmatiche a problemi concreti. Il carrozzone dei “giullari di corte” si fermerà quando (e loro sono ben attenti ad evitarlo) arriveranno candidati che, invece di promettere, indicheranno le vie dei diritti e dei doveri. Il cittadino non ha necessità di essere abbindolato con le promesse, ma è in grado di comprendere quando una promessa è una bugia o quando è un sogno non raggiungibile. Occorre spronare i cittadini e smuoverli dal loro torpore, ma va fatto responsabilizzandoli. Invece, i politici di adesso prosperano per il fenomeno della delega. Se deleghi e ti senti di aver fatto tutto: sbagli!
Se deleghi controlli e se non controlli sei complice. Il cittadino deve essere parte di una democrazia rappresentativa, ma non delegata. Basta questa politica a scatola chiusa che, in realtà, è un mondo a parte gestito da partiti senza “obblighi morali” con gli elettori. Il partito fa un programma ed a questo programma ci si rifà per l’attuazione e si indica la squadra che in Parlamento si occuperà della realizzazione dello stesso. Non si può prescindere dalla responsabilità degli eletti e degli elettori e non si deve. Il cittadino è e deve essere il vero sovrano della attività politica.