Viva Ghali.

Articolo di Alberto Maccagno

Perché “viva Ghali”? Beh, è semplice.
Viva Ghali perché c’è stato un tempo, non troppo remoto, in cui gli artisti si esponevano, erano in prima linea, difendevano i propri ideali dentro e fuori la forma canzone. È la storia d’Italia.

Viva Ghali perché prima fu Fabrizio De André a cantare i vicoli di una Genova dal volto tanto scuro quanto romantico, canzoni di ladri e puttane, canzoni di Maria, canzoni d’amore. Viva Ghali perché prima fu Bertoli a cantare Eppure Soffia, storie di gente che comunque, nonostante tutto, continua a crederci e a lottare perché domani sarà meglio, e fu sempre Bertoli a cantare A Muso Duro, il racconto accorato di chi dice no, di chi si ribella e rifiuta lo schema imposto, il ruolo prestabilito.

Viva Ghali perché fu Franco Battiato tristemente profetico nel cantare la spaventosa deriva di una società a pezzi in Povera Patria e fu Francesco De Gregori a raccontarci una nazione sfaccettata e complessa, briganti e brava gente, guardie e ladri, in Viva L’Italia. Viva Ghali perché prima furono Gianna Nannini, Eugenio Finardi, i CCCP Fedeli Alla Linea, Samuele Bersani, Daniele Silvestri, Caparezza. Viva Ghali per Stefano Rosso ed Elio.

Viva Ghali perché la canzone è nostra, è per strada, è della gente. Ed è necessario che rimanga tale, che si sporchi e si mescoli con l’asfalto, col dolore e con il sangue. Viva Ghali perché vedendo i manganelli in piazza, la violenza gratuita, l’odio come strumento di propaganda in mano a spietati sciacalli, proprio non si può girarsi dall’altra parte. Viva Ghali per chiunque aborri qualsivoglia forma d’arte o comunicazione di regime e per chiunque decida, in direzione ostinata e contraria, di non allinearsi.

Viva Ghali per Dargen D’Amico.
Viva Ghali per Il Salto Della Quaglia.
Viva Ghali per tutti ma non per Alessandro Morelli.
Viva Ghali.

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