Un film che racconta la storia di un gruppo di donne che vivono in una colonia religiosa e che per anni sono state violentate e aggredite dagli uomini della comunità, dopo essere state drogate. Tutto deriva dal romanzo Donne che parlano di Miriam Toews (2018), ispirato ai fatti avvenuti nella colonia Manitoba in Bolivia, nel 2011. La narrazione si svolge un non luogo, da qualche parte tra Stati Uniti e Canada, in una comunità che pare mormonica, dove le donne rivestono un ruolo di mogli e madri e sono soggette al potere maschile. Non solo, le donne non vengono neppure istruite, non sanno leggere e non sanno scrivere, solo i figli maschi frequentano una scuola interna gestita da un maestro che pare l’uomo migliore della comunità. Buona parte del film ha un impianto teatrale e si basa sulle singole prove da attrici delle ottime protagoniste, chiamate a decidere sull’opportunità di restare e lottare oppure di abbandonare la colonia. Il maestro del villaggio – innamorato di una delle donne violentate e in attesa di un figlio – si presta a verbalizzare la riunione e spera che la ragazza riconosca il suo sentimento. La decisione è per partire, dopo lotte intestine e feroci discussioni, con un esodo biblico di donne e bambini che dovrebbe servire a far cambiare gli uomini, a modificare l’andamento delle cose. La regista canadese Sarah Polley si dimostra ottima direttrice di attori, sceglie il registro drammatico basato sulla parola e sul racconto piuttosto che mostrare quel che è accaduto. Non si vedono mai le atroci violenze maschili ma solo le conseguenze degli stupri e delle aggressioni, come quando una delle ragazze si presenta con il volto tumefatto e un braccio al collo. Tutto è lasciato all’immaginazione, con una messa in scena scarna ed essenziale, in un mondo e in un tempo indefinito (dovrebbe essere il 2010 ma sembra molto prima), dove la fotografia anticata del bravo Montpellier che tende al colore grigio, quasi al bianco e nero, sfuma ogni situazione. Non solo teatro, anche grande cinema nella confezione sontuosa di Sarah Polley, con potenti piani sequenza e poetiche panoramiche che vanno dalla colonia verso l’orizzonte, mostrando la speranza di un futuro migliore. La regista si specchia nel dolore delle vittime, mostra le loro anime e le diversità di carattere, per contrasto mette in primo piano un personaggio maschile positivo, indicando come dovrebbero essere i veri uomini. Una colonna sonora suadente, triste e dolente, fa da leitmotiv per le decisioni da prendere e accompagna il cammino di un popolo femminile in fuga verso la libertà. Sceneggiatura poetica molto letteraria (con dialoghi profondi ed efficaci) della stessa regista, che adatta un soggetto contenuto in un prezioso romanzo di Miriam Toews. Women Talking è un film al femminile, scritto dalla parte delle donne, utile e artisticamente ben fatto, un lavoro che merita tutti i premi per i quali è stato candidato. Riprese principali a Toronto, in Canada. Da vedere.
Regia: Sarah Polley. Soggetto: Miriam Toews (romanzo Donne che parlano). Sceneggiatura: Sarah Polley. Fotografia: Luc Montpellier. Montaggio: Christopher Donaldson, Roslyn Kalloo. Musiche: Hildur Guonadóttir. Produttori: Dede Gardner, Jeremy Kleiner, Frances McDormand. Case di Produzione: Orion Pictures, Plan B Entertainment, Hear/Say Productions. Distribuzione (Italia): Eagle Pictures. Genere: Drammatico. Durata: 104’. Paese di Produzione: USA, 2022. Interpreti: Rooney Mara (Ona), Frances McDormand (Scarface Janz), Judith Ivey (Agata), Emily Mitchell (Miep), Kate Hallett (Autje), Liv McNeil (Nietje), Claire Foy (Salomè), Sheila McCarthy (Greta), Jessie Buckley (Mariche), Michelle McLeod (Mejal), Kira Guloien (Anna), Shayla Brown (Helena).