Per completare in modo esauriente la panoramica generale sul cinema cannibalico in Italia dobbiamo accennare anche al sottogenere horror degli zombies che presenta alcune tematiche comuni.
Il filone zombi esiste sin dalle origine del cinema horror (Ho camminato con uno zombi, 1943 di Jacques Tourneur) ma è stato riportato in auge dai film di Romero (La notte dei morti viventi, 1968 e Zombi, 1978). In Italia i primi film che parlano di zombies sono degli anni Sessanta e attraversano vari generi (Ercole al centro della terra, 1961 e Terrore nello spazio, 1965, entrambi di Mario Bava), ma il primo vero filone zombie lo avvia Lucio Fulci con l’inimitabile Zombi 2 (1979) e lo prosegue lo stesso regista con Joe D’Amato, Umberto Lenzi, Pupi Avati e Michele Soavi.
Tra i film di zombi che contaminano il sottogenere cannibalico ricordiamo Zombi Holocaust (1980) di Marino Girolami (Frank Martin) che ha anche un altro titolo: La regina dei cannibali ed esce un anno dopo Cannibal Holocaust. È un classico esempio di cannibal-zombies ricco di tremendi effetti splatter che aggrediscono lo spettatore sin dalle prime sequenze. Gli effetti speciali sono di Maurizio Trani e di Rosario Prestopino, mentre la sceneggiatura è di Romano Scandariato. Il cast è composto da: Donald O’ Brien (il dottore pazzo), Ian Mc Culloch, Sherry Buchanan, Richard Johnson ed Alexandra Delli Colli. In un ospedale di New York spariscono parti di cadaveri, un infermiere viene scoperto e si suicida lanciandosi dalla finestra. La dottoressa Laurie, il dottor Peter Chandler, il suo assistente George e una giornalista (Susan) partono per Kyto, nelle Molucche, terra di cannibalismo. Qui vengono accolti dal dottor O’Brien che vive là da tempo e li mette in guardia su strani eventi che si verificano. A Kyto il gruppo è aggredito da indios cannibali, Laurie e Peter si salvano, ma scoprono che O’Brien è un folle che resuscita i morti e crea zombies artificiali. Il dottore tenta di zombificare anche i nostri due eroi ma non ci riesce. Saranno i cannibali a risolvere la situazione e a uccidere il dottore dopo aver acclamato la donna come loro dea. Nella prima parte la pellicola gode di un’ottima ambientazione newyorchese, mentre nella seconda ci troviamo in un’isola dell’arcipelago delle Molucche. Il film dell’esperto Marino Girolami – che gira il suo primo horror all’età di 76 anni – contamina molti generi: erotico puro, esotico – erotico, avventuroso, cannibalico, horror zombesco… tutto in un calderone splatter ben strutturato. Ricordiamo le asportazioni rituali di parti cadaveriche con pasti cannibalici di interiora umane, soprattutto un’estrazione cruenta di bulbi oculari e alcune sezioni di calotte craniche con momenti piuttosto eccessivi. La componente erotica è ben rappresentata da una sensuale Alexandra Delli Colli che si mostra nuda in alcune scene di strip che contaminano l’horror con il genere sexy. La Delli Colli si concede completamente priva di veli alla vista dello spettatore quando viene acclamata regina dei cannibali. Il suo corpo dipinto con decorazioni floreali ricorda una sequenza analoga del contemporaneo Mangiati vivi! di Umberto Lenzi, che vede protagonista Janet Agren. Alcune sequenze voyeuristiche fanno riportano al miglior cinema erotico di Joe D’Amato, che fa capolino anche nelle inquietanti sequenze a base di zombi, girate in stile Antropophagus. Sherry Buckanan è molto bella, ma la sua performance da giornalista disposta a tutto pur di fare successo è molto scolastica. Ricordiamo la sua brutta fine, con il cranio scotennato e le corde vocali recise, tra le mani del dottore pazzo. L’antropofagia è alla base del film, ma la follia di un medico occidentale ha riportato gli indigeni al passato, quindi il messaggio del regista rsta quello di Cannibal holocaust: “Siamo noi i veri cannibali”. La pellicola cita molte pellicole di genere del periodo, pare nata da identica ispirazione di molti lavori girati da Lucio Fulci, Umberto Lenzi e Joe D’Amato. Gli scenari sono gli stessi di sempre, ma i paradisi tropicali, i rumori della giungla, i tamburi, gli animali selvaggi e gli indigeni ricordano molte sequenze degli esotici – erotici, genere tipicamente italiano. I massacri orrendi e i pasti antropofagi sono puro cinema cannibalico che trionfa in eccessi splatter, ma la cornice da mondo movies risulta imprescindibile. I mascheroni degli zombi artificiali creati dal folle mad doctor sono originali creazioni di Trani e Prestopino, figure orrende portatrici di morte e terrore che ricordano Zombi 2 di Fulci e Antropophagus di Joe D’Amato. Emanuelle e gli ultimi cannibali di Joe D’Amato è un’altra pellicola citata da Girolami, anche se sono molte le sequenze originali, come quella che vede uno zombi con il cranio fracassato dal motore di una barca. Il film ebbe un grosso successo all’estero proprio per la notevole efferatezza delle scene e per gli effetti speciali truculenti, ma non si tratta di un capolavoro. Fa il verso qua e là a Zombi 2 di Fulci e anche alle pellicole di Romero. Per quel che riguarda il cannibal movie è Deodato il punto di riferimento più vicino, a partire dal titolo furbescamente ammiccato. Buona la musica di Nico Fidenco, anche se spesso si tratta di temi già sentiti nel precedente Emanuelle e gli ultimi cannibali. Cosa non si fa per risparmiare! La fotografia di Franco Zuccoli è pessima e spesso troppo scura nelle scene notturne.
Virus (1980) di Bruno Mattei (si firma Vincent Dawn) è noto pure come L’inferno dei morti viventi. Lo ha scritto lo stesso regista insieme a Claudio Fragasso ed è interpretato da una sensuale Margit Eveline Newton e da Franco Garofalo. Gli effetti splatter anche qui sono notevoli (in un film di zombies non possono mancare…) e li ha curati Giuseppe Ferranti. Non possiamo fare a meno di notare che siamo in presenza di uno zombie movie contaminato dalla moda imperante del cannibal movie, vuoi per l’ambientazione in Nuova Guinea, vuoi per il tentativo di messaggio ecologista. Da sottolineare poi la presenza quasi ingombrante di scene tratte da un mondo movie giapponese diretto da Akira Ide (Nuova Guinea: l’isola dei cannibali) che si vanno a sovrapporre al film e si intersecano (male) con le scene di azione. La trama ricalca qualcosa di già visto. Da un’industria chimica che ha sede in Nuova Guinea esce per errore un gas radioattivo che trasforma uomini e animali in zombies assassini (il primo contaminato è un topo che divora un tecnico della centrale in una scena molto trash). Il contagio si espande agli indigeni e ai tecnici della centrale con effetti incontrollabili. Il governo invia quattro improbabili poliziotti per indagare sull’accaduto ed eliminare le prove delle malefatte commesse. In Nuova Guinea il gruppo votato al massacro incontra anche una coppia di fotoreporter d’assalto. Finale scontato. Si tratta di un film scadente che è piaciuto molto ai giapponesi notoriamente amanti del trash. Ci sono tante sequenze splatter (mitica quella del bambino zombie che divora il genitore a morsi), la storia è incoerente, la recitazione pessima, si copiano scene e musiche di altri film. Tutto questo dà un sapore kitsch al film, ma in realtà è più opportuno parlare di trash perché non c’è niente di voluto o di intellettuale in Virus, l’unico colpevole è il budget scarso. Tanto per dire: le divise della polizia sono le uniformi degli spazzini spagnoli, mancavano i soldi per comprare le munizioni a salve e via di questo passo. Virus è un sottoprodotto di una comicità involontaria, un horror trash appunto, perché era impossibile poter fare meglio.
Per chiarire l’uso dei termini dobbiamo dire che trash e kitsch significano entrambi spazzatura ma indicano due realtà estetiche diverse. Come dice Umberto Eco, kitsch è il prodotto di pessima fattura che rivendica validità culturale e valore di bello, il trash invece è pienamente consapevole della propria bruttezza e non aspira a riconoscimenti culturali, anzi vive proprio di questo suo essere trash che richiama particolari fasce di pubblico, tra cui i giovani.
After Beath (1988) di Claudio Fragasso sfrutta le atmosfere dei cannibal movies ma è in tutto e per tutto un puro film di zombies.
Concludiamo con un altro film sugli zombies che rasenta il trash e che ha qualcosa in comune con i cannibal movies: Le notti erotiche dei morti viventi (1980) di Joe D’Amato. Si tratta di una variazione in chiave erotica sul tema degli zombies e l’ambientazione caraibica lo avvicina come atmosfera alle pellicole del filone cannibalico. Un horror curioso che alterna momenti orrorifici, scene splatter e parti di puro cinema erotico.